La Fiorentina e il Napoli ci hanno gratificato di un grande spettacolo di gioco purtroppo inusuale dalle nostre parti. Le due squadre si sono affrontate senza ostruzionismi tattici, senza violenze e timori, cercando di imporre il gioco senza artifici e prudenza. Un calcio offensivo e positivo, di rara bellezza, come i loro bravi tecnici sanno insegnare. Entrambe non hanno i bilanci e le rose delle nostre big, ma i giocatori sono orgogliosi del proprio lavoro e fieri del gioco che li guida e li aiuta ad essere ancora più bravi. Le due squadre giocano da protagoniste: non sono disposte a lasciare il comando del gioco all’avversario. Gli uomini di Sarri soffrivano, non tutti i giocatori sono al top, ma hanno creduto fino in fondo nel proprio lavoro e al novantesimo ancora hanno cercato il gol. Si è visto un calcio totale di stampo internazionale anche se entrambe giovedì erano uscite sconfitte: i viola dal fortissimo Tottenham, che ha un fatturato e una rosa tre volte superiori; il Napoli dalla sfortuna e dal Villarreal, che nella classifica della Liga è a soli due punti dal Real Madrid. Tuttavia sia il Tottenham sia il Villarreal da anni giocano un calcio collettivo e totale, dove la strategia determina la tattica come purtroppo non sempre succede in Italia. Molti credono che la qualità dei singoli sia sufficiente per giocare in modo armonioso e divertente, ma non è così. Senza un gioco che la ispiri, anche una squadra di campioni pur vincenti mai farà la storia. Quanta differenza di concetti e gioco fra l’incontro Fiorentina-Napoli e Juventus- Inter. Quest’ultima è stata una partita grigia che non premia la qualità dei tecnici e tantomeno quella dei singoli. Purtroppo il nostro calcio è lo specchio di una società vecchia: è in crisi economica, culturale e morale, ha scarsa progettualità e punta sui singoli stranieri per rimediare a una povertà complessiva di idee. Allora ben vengano Conte, Sarri, Sousa, Di Francesco, Giampaolo e Spalletti a cui spero si aggiungano altri, come i bravi Allegri e Mancini, che dovrebbero avere più fiducia nel proprio talento e lavoro ed essere meno legati al passato
Fonte: Gazzetta dello Sport
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