Fatalità, destino, disgrazie altrui da sfruttare con rabbia e determinazione (e anche, forse, con un pizzico di cinismo). Da qualsiasi angolazione la si guardi, la situazione per Antonio Rosati non cambia di una virgola: che sia affranto per quanto accaduto al compagno De Sanctis oppure poco sentimentalista, è comunque arrivato nuovamente il suo momento. Tredici mesi dopo il suo unico gettone di presenza in campionato, l’infortunio in cui è incappato Morgan in Nazionale, gli ha spalancato i pali della porta nella gara contro il Torino.
Allineato e coperto: Rosati deve gettarsi alle spalle le polemiche e i veleni per i suoi flop in Europa League. Per lui, solo giovedì neri, spesso nerissimi. Mazzarri si era affidato a lui per gare europee. Ma Rosati non ha retto all’emozione: troppe le indecisioni nelle gare chiavi con il Psv e in casa col Dnipro. Tant’è che il tecnico azzurro, nelle partite a eliminazione diretta con il Viktoria Plzen lo ha messo da parte, relegandolo in panchina anche in Coppa Italia, partita che di solito viene lasciata alle riserve.
In fondo, come dare torto a Mazzarri? Troppe le incertezze dell’ex enfant prodige del Lecce, arrivato al Napoli nell’estate di due anni fa, pagato poco più di 3 milioni di euro. Rosati, oggettivamente in difficoltà in questa stagione, ieri mattina è stato a lungo seduto a bordo campo a parlare con Nunzio Papale, il preparatore. Una mezz’ora di confessione per cercare di capire alcuni il suo stato d’animo. «Sono sereno giuro, non ho paura, sono tranquillo», ha ripetuto come un mantra. Sicuramente non lo ha aiutato negli ultimi mesi l’atteggiamento di una parte della tifoseria che dietro il recinto del campo gli ha ricordato con ironia le sue defaillance tra i pali. Rosati non è sordo e tutto questo gli ha dato effettivamente fastidio. Da quando è qui, Rosati ha tolto la maglia da titolare a De Sanctis solo in una occasione: il 17 febbraio del 2012, in Fiorentina-Napoli. Finì 0-3 e Mazzarri fece riposare De Sanctis perché tre giorni dopo c’era la sfida con il Chelsea.
Dall’esordio in serie A, sotto la guida di Zeman, il 13 febbraio 2005 contro il Chievo, passando attraverso le gare con Papadopulo e con Gigi De Canio, il ragazzone di Palombara Sabina (la sua famiglia abita da sempre a Stazzano, pochi chilometri da Roma) vanta prima di Napoli una carriera di tutto rispetto. Scoperto nel 2001 da Pantaleo Corvino nella Lodigiani, balzò alla ribalta per aver parato tre rigori nella finale scudetto Primavera che il Lecce di Roberto Rizzo ha vinto nel 2002. La trafila nel settore giovanile giallorosso, poi le stagioni da protagonista in prima squadra, con 43 presenze in Serie A e 72 in B.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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