Quest’articolo è in difesa di Benitez. Nei romanzi gialli, il colpevole è sempre il maggiordomo. Nel calcio, questa figura è equipollente a quella dell’allenatore. Quando non vinci, la mancanza è sua. Ma è sempre bene fare dei distinguo e difendere chi colpevole proprio del tutto non lo è. Chiariamoci: non vogliamo creare alibi al mister azzurro. Perciò, prima di arringare a spada tratta per la sua innocenza, diremo le colpe di cui si macchia. Si chiama Par Condicio.
Colpa numero uno: intransigenza tattica, scarsa malleabilità e spirito d’adattamento vicino allo zero. Per coerenza, per tenacia, per onore dell’idea, Benitez finisce con l’essere autolesionista. Finisce per suicidarsi, fiero di e nel rifiutare compromessi che appena intacchino la sua idea di calcio. Finisce col perdere le partite. Colpa numero due: non c’è. Benitez è come Zeman, uguale identico. Solo che ha il palmarès dalla sua per giustificare una tale, incrollabile fiducia. Oltre, ovviamente, ad un sistema di gioco meno visionario.
Assodato questo, sfidiamo chiunque a trovare le altre grandi macchie dell’allenatore spagnolo. Il Napoli è dolorosamente imploso a Bergamo, perdendo partita e faccia insieme in un pomeriggio da incubo. Il responsabile tecnico è Benitez, e questi viene pagato per addossarsi i peccati e gli insuccessi della squadra. Eppure, non ci pare giusto. Perché a Bergamo, sissignori, il Benitez allenatore non ha sbagliato niente a parte quanto già segnalato. Siamo tutti bravi, il sottoscritto per primo, ad inorridire nel vedere Hamsik e Higuain in panchina. Siamo tutti pronti a chiederci il perché di un Duvan Zapata in attacco, di un pachidermico Pandev, di un impresentabile Maggio o di un Inler per cui non si trovano aggettivi. E siamo altrettanto competenti per criticare queste scelte e vedere che poi, porca miseria, avevamo ragione. Ma nessuno pensa al fatto che il Napoli, da qui a un mese esatto, dovrà giocare otto partite. Una ogni tre giorni. Nessuno riflette sul fatto che Higuain debba anche sedersi dopo Chievo e Lazio, e che lo stesso Hamsik, reduce da un lungo infortunio, possa avere la necessità di tirare il fiato. Nessuno ragiona sull’impellenza di una partita diventata (purtroppo) decisiva, di un’affascinante semifinale di Coppa da giocare al massimo per colorare e coronare la stagione con un’incisione in un albo d’oro. Nessuno mette in conto la necessità di essere concreti, di considerare ormai il terzo posto come il realistico obiettivo massimo del campionato azzurro. Nessuno capisce che bisogna investire forze e sudore lì dove c’è una possibilità di incassare qualcosa, Coppa Italia ed Europa League.
Ma soprattutto, nessuno ammette che Benitez non ha scelta. O bere o affogare. L’abbiamo già scritto qui su Parallelo. Il Napoli ha un organico numericamente completo, coperto in ogni ruolo. Ma la qualità è un’altra cosa. Se sei costretto a far ruotare gli uomini, e devi schierare Zapata e Pandev, puoi far poco. Se i tuoi presunti titolari fanno rabbrividire ogni volta che toccano palla, puoi far niente. Basta pensare ai tre gol subiti a Bergamo per capire di cosa stiamo parlando: Dzemaili, Reina (primo errore stagionale), Inler e Fernandez, quattro strafalcioni colossali per tre reti letteralmente regalate. Ma anche(e ancora) gli zero cross indovinati da Maggio, gli stessi zero cross e basta di Reveillere e la tragicomica gara d’impostazione, al netto dell’assist per Denis, del peggior Inler della storia. Un’accozzaglia di onesti mestieranti del pallone, tutti mestamente ben predisposti allo svarione. Una piccola ciurma di presunti calciatori di rango che dovevano sottendere ai fenomeni che fanno grande questo Napoli. Che non ci stanno riuscendo, e fanno grande, per adesso, solo il rimpianto per una stagione cominciata alla grande e che prosegue così (male). Poi ci aggiungi il mercato, finora impalpabile (gli enigmatici Ghoulam e Henrique) o potenzialmente salvifico (Jorginho) ma da inserire e salvaguardare proprio in nome del turnover.
Dove sono, dopo questo rapido e doloroso excursus, le vere grandi colpe di Benitez? È possibile condannare lo sposo perché il padre della sposa ha deciso di organizzare il matrimonio al cinque stelle e poi pretende di pagare venti euro a coperto? In Italia, a Napoli, paradossalmente sì. Siamo capaci anche di questo. In un misto di delirio, irriconoscenza, onnipotente ignoranza, zero senso di giustizia e incapacità di riconoscere gli errori di chi ha sbagliato. Tanto, il colpevole è sempre lui. Il maggiordomo. O al massimo, l’allenatore.
Fonte: Parallelo 41
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