Maradona lo battezzò la «Tota», la mamma di quel Napoli che approdò al primo scudetto della sua storia. In realtà, Francesco Romano, campano di Saviano cresciuto però in Emilia, rappresentò la classica ciliegina su una bella torta. Arrivò da semisconosciuto, a campionato in corso. Fu Pierpaolo Marino, all’epoca giovane braccio destro di Italo Allodi, a pescarlo nella Triestina ed a catapultarlo in quello spogliatoio formato da tanti big. I tifosi si aspettavano Barbas o Junior per il centrocampo, un top player di quei tempi ed invece arrivò lui, ragazzo apparentemente timido ma dotato di personalità ed intuito. Fu grazie alla sua spiccata intelligenza tattica, alla semplicità delle giocate, al senso della posizione fuori del comune, che riuscì ad inserirsi in un baleno nel modulo di Ottavio Bianchi facendo diventare il Napoli una squadra elegante quanto spietata, spumeggiante quanto concreta. Praticamente da scudetto. E Maradona al termine della cavalcata, affermò: «Abbiamo cominciato a credere nella vittoria del titolo quando ci siamo resi conto di come si era inserito Romano». E lui, con l’umiltà che l’ha sempre contraddistinto, rispose: «Non mi reputo così importante, ho solo cercato di giocare con semplicità e di mettermi al servizio del collettivo. Non un regista, bensì un cucitore di gioco» . E come il «sarto di lusso» di quella squadra, lo ricordano i tifosi meno giovani. Oggi Francesco Romano è apprezzato procuratore di calciatori. Vive a Reggio Emilia ma si sposta in continuazione da una parte all’altra dell’Italia per seguire i suoi assistiti e per tenere contatti con tanti addetti ai lavori. Intanto è informatissimo sulle vicende del Napoli di cui è rimasto tifoso innamorato.
Romano, cosa manca a questa squadra per ridurre il gap dalla Juventus?
«Poco, molto poco. Anche se dovesse restare così com’è, potrebbe dire la sua nel prossimo campionato. Ma sono sicuro che la società farà altre operazioni di mercato dopo quelle di Koulibaly e di Andujar. Si tratta solo di acquistare quella continuità di risultati che nella scorsa stagione non c’è stata per una serie di motivi. Se il Napoli riuscisse ad avere costanza di risultati può insidiare tranquillamente la Juve e competere per lo scudetto».
Lo sa che i tifosi invocano proprio l’acquisto di un centrocampista alla Romano per compiere il salto di qualità?
«Lo so, ho saputo, leggo diversi nomi. Dopo Mascherano si sta parlando di Gonalons, Sandro, Suarez. Ma io dico che il nuovo Romano è già lì e non c’è bisogno di rincorrere altri giocatori»
E chi sarebbe?
«Jorginho. L’ho seguito spesso quando giocava a Verona. Nutro una stima immensa per questo ragazzo. Ha tutto per imporsi a certi livelli: qualità tecniche, intelligenza tattica, umiltà. In questi mesi ha avuto anche modo di ambientarsi a Napoli che non sempre è facile. Io dico che Jorginho ha un futuro anche in nazionale. Poi ci risentiremo e vedremo se ho avuto ragione».
Quindi lei sconsiglia un acquisto importante a centrocampo? E che consigli darebbe a Jorginho?
«Se c’è un elemento così bravo, peraltro giovane, non mi sembra il caso di avventurarsi in un investimento cospicuo non avendo la certezza della resa. Jorginho non ha bisogno di consigli. La sua storia somiglia un po’ alla mia. E non è vero che non riesce a fare le due fasi di gioco. Anche di me dicevano la stessa cosa. Ma si tratta di un problema di intelligenza tattica, di capire in anticipo le giocate avversarie, non di fisicità. Io arrivai a Napoli di lunedì per le visite mediche, il martedì organizzarono una partitina apposta per me, Maradona era in panchina ed alla fine venne in campo a complimentarsi. Non ebbi neanche il tempo di pensare. E poi il ragazzo è in ottime mani»
Allude a Benitez?
«Certo. E’ uno di quegli allenatori che ho sempre stimato. Fa giocare le proprie squadre alla stessa maniera, in casa e fuori. Un vero maestro di calcio. Al Napoli ha trasmesso idee importanti e spesso mi sono divertito nel vederlo giocare»
Quali altri calciatori partenopei l’hanno colpita, oltre a Jorginho?
«Quelli che si conoscevano di meno: Callejon e Mertens. Straordinari per rendimento e per come si sono ambientati. Complimenti allo staff tecnico del Napoli. Davvero non pensavo che potessero fare così bene. Ed io uno come Callejon l’avrei sempre portato al Mondiale»
Intanto il Napoli di De Laurentiis ha ben dodici elementi in Brasile
«E questo è sintomatico della crescita del club. Un motivo di orgoglio per tutti. E non è vero che torneranno stanchi dal Brasile. Anzi, caricati a mille»
Non ha citato Insigne, come mai?
«Perché Lorenzo per me è una certezza già da un paio di anni. Gli auguro di vincere tre volte quello che ho vinto io con quella maglia. E se Prandelli gli concederà una chance la sfrutterà al cento per cento, vedrete. Può cambiare una partita, fare la differenza, esplodere definitivamente, io tifo per lui»
Ha sentito le voci di un interessamento del Barcellona per Higuain?
«Sì, ma Gonzalo non lascerà mai il Napoli. Per tantissime ragioni. Stiamo parlando di un giocatore immenso, capace di segnare 20 gol e di farne fare altri. Corre meno di Cavani ma è molto più incisivo»
Che pensa dell’Italia al Mondiale?
«Che sta crescendo piano piano. Intorno al gruppo si sta creando una bella atmosfera. Vengono alla ribalta forze fresche accanto a giocatori esperti. Mi ricorda tanto dei precedenti beneauguranti. C’è tanta qualità e non siamo secondi a nessuno».
Fonte: Corriere dello Sport
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