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Roma, Monchi: “Qui per vincere qualche trofeo. L’obiettivo è mantenere il progetto in alto”

"La Roma è una società che storicamente ha esigenze molto alte"

Monchi si racconta in un’intervista al giornalista spagnolo Alberto Gallego. La chiacchierata spazia su svariati temi tracciando un ponte tra il passato al Siviglia del ds giallorosso e il presente alla Roma. «Non ho uno standard di squadra dove mi piace lavorare – spiega il dirigente -. Ora sto alla Roma perché mi lasciano lavorare come lavoravo al Siviglia. Io ho un metodo, se non lavoro così non valgo nulla. Ma se la Roma mi ha chiamato è perché conosce la mia forma di lavorare, non devo cambiare, qui posso essere Monchi. Nel mio team ci sono molte persone, principalmente impiegate nello scouting. Dividiamo l’anno in due parti: in una vediamo le partite di calcio in generale, nell’altra siamo più concreti e osserviamo i giocatori che abbiamo selezionato».

GLI OBIETTIVI – Quando gli chiedono quali obiettivi vuole conseguire alla Roma, Monchi è abbastanza esplicito: «La Roma è una società che storicamente ha esigenze molto alte. Un club in cui si percepisce la pressione e la necessità di ottenere grandi risultati. Il mio obiettivo è innanzitutto quello di consolidare un progetto che è già stato vicino a conquistare qualcosa. Devo mantenere questo progetto in alto e dargli una consistenza e uno stile. Ovviamente un mio obiettivo è quello di esaudire il sogno di qualsiasi romanista, che è vincere un titolo. Nella Roma questo non si può eludere: è un obiettivo». 

IL RACCONTO DEL DERBY – Monchi riavvolge il nastro del derby vinto pochi giorni fa contro la Lazio: «Non è stato proprio il mio primo perché quando arrivai l’anno scorso ne giocammo uno, purtroppo perso. Ovviamente questo l’ho vissuto con più intensità. Posso dire che sto cominciando davvero a viverlo come un derby, anche se ancora un po’ mi risulta difficile, perché il mio rapporto con la città non è così intenso come lo è a Siviglia. Chiaramente qui esco di meno, ho meno amici, ho conosciuto meno gente. Però devo ammettere che la settimana del derby ho iniziato a rendermi conto di cosa sia. Andavo al supermercato e mi dicevano “Direttore questa partita dobbiamo vincerla”, così anche al ristorante e per strada… Però ancora un po’ fatico. Nel campo l’ho percepito moltissimo, vedendo come i giocatori celebravano la vittoria e come lo facevano i tifosi. Credo sia simile a quello di Siviglia, perché sono due tifoserie calde. Questo l’abbiamo vinto e quindi bene così, è stata un’esperienza perfetta».

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