Il Pallone lo rincorre ancora. Salta da uno stadio all’altro, Roberto Pampa Sosa, seppure da commentatore. Una vita, un’esperienza nuova per l’argentino che forse ha smesso di giocare da troppo poco tempo per non sentirsi nel cuore e nella mente ancora calciatore.
E allora, caro Pampa, le partite è meglio giocarle o raccontarle?
«Ora le racconto e non voglio guardare alle mie spalle. Debbo vivere e pensare da ex calciatore. Quel che è stato è stato. Però sono contento. Mi piace questo nuovo impegno. Anche perché mi permette di seguire il Napoli. Meglio di così?»
Ma dove s’immagina in futuro: sempre davanti ad una telecamera oppure su una panchina a bordocampo?
«Seduto in panchina, non v’è dubbio. Sto studiando per questo. Ho appena preso il patentino di allenatore di base e a giugno, a Coverciano, comincerò il corso per diventare allenatore di seconda categoria».
E dopo quello di seconda, punterà a quello di prima categoria, è così? Sembra avere fretta, signor Pampa. Ha forse un obiettivo nella testa?
«Certo che ce l’ho. Auguro lunga vita e tanti successi a Mazzarri sulla panchina del Napoli, ma un giorno là, seduto al posto suo, ci voglio stare io. Pampa Sosa allenatore del Napoli: sì, questo è il mio sogno. Lo penso e lo dico, faccio male?»
Nient’affatto. Viva la sincerità. E se è così, finga d’essere già l’allenatore azzurro: come se la giocherebbe domani sera contro il Cagliari, pensando che poi c’è il Chelsea cinque giorni dopo?
«Faccio un passo indietro. Vado ad Arsenal-Milan. Per i rossoneri è stata una partita da brividi. Quattro gol di vantaggio ed ha rischiato d’andar fuori. Che cosa voglio dire? Voglio dire che per il Napoli “la” partita è quella di Londra. Quindi, mi concentrerei al massimo sul match col Chelsea».
Direbbe alla squadra: signori, del Cagliari non ce ne importa niente, pensiamo solo alla trasferta inglese?
«No, non direi questo. Ragionando da allenatore farei un’altra cosa: Farei il massimo del turn over possibile, infortuni e squalifiche permettendo, si capisce».
E la rincorsa al terzo posto?
«Intanto, non è detto che il Napoli non possa battere il Cagliari anche rinunciando a tre o quattro primi attori. Poi, a quel terzo posto ricomincerei a pensare solo dopo il Chelsea. Ma l’ha visto l’Arsenal? Dal Chelsea mi aspetto la stessa aggressività, la stessa forza d’urto. Ecco perché il Napoli dovrà essere superattento e superconcentrato».
D’accordo. Ma non può cominciare a concentrarsi dopo il match col Cagliari?
«Secondo me deve cominciare a farlo adesso. Arsenal-Milan è stata una utile lezione, il Napoli non può non tenerne conto».
Vabbe’. Parliamo del Chelsea. Non c’è più Villas-Boas?
«E questo mi dispiace. Intendiamoci, non perché non lo stimi come allenatore, ma come s’è visto già nel match di FA Cup, nel Chelsea c’è stato subito un cambio di mentalità. Ha portato in campo più forza, più aggressività, più personalità. Ecco: è questa nuova mentalità ciò che più temo».
Insomma, dopo aver visto come ha rischiato il Milan, è ancor più preoccupato per gli azzurri.
«Preoccupato? Sì, forse sono preoccupato. Ma poi penso a come sa giocare il Napoli e la cosa mi conforta».
Si spieghi, per favore.
«Se fossi io l’allenatore, direi pure questo alla squadra: ragazzi, cancelliamo dalle nostre menti il tre a uno dell’andata. Allo Stamford Bridge si comincia dallo zero a zero. E’ un’altra gara. Andiamo in campo e giochiamo come sappiamo fare. E che ci sappiamo fare l’abbiamo dimostrato. Pure in Champions».
Bel discorso, ma alla fine il Napoli che cosa dovrà fare? Stare attento ai calci piazzati? Resistere al prevedibile avvio feroce degli inglesi evitando di prendere subito un gol che comprometterebbe tutto?
«Il Napoli dovrà soprattutto andare in campo con la consapevolezza d’essere una squadra forte. Capace anche di far paura al Chelsea sul suo campo. Un Napoli di corsa e personalità può averla vinta con chiunque; un Napoli timido o schierato a difesa del tre a uno dell’andata, invece, rischierebbe troppo».
Dica la verità: le piacerebbe essere in campo a Londra. Sosa in mezzo a Lavezzi e a Cavani.
«Con il Pocho ci ho giocato una stagione e mi sono divertito. E tra il Pocho e Cavani, ne sono certo, mi divertirei anche di più. Ma è inutile pensarci. Ora tocca a loro portare il Napoli in alto. Anche in Europa».
Una definizione di Lavezzi e una di Cavani.
«Lavezzi per me è l’allegria del calcio. Ma non dico questo perché lo conosco, perché gli sono amico e gli voglio bene. No, il Pocho è davvero l’unico calciatore che mi fa scattare in piedi quando sono davanti alla tv».
Lui è l’allegria. Cavani, invece?
«L’immagine che mi trasmette Cavani? Debbo proprio dirlo? E allora, Cavani lo definirei un assassino. Un killer dell’area di rigore. Ogni tiro un portiere fatto fuori. E’ troppo truce come immagine?»
Un po’. Comunque sia, la speranza azzurra è che tra le sue vittime ci sia un’altra volta Cech.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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