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Roberto Fiore: “Quello che sono stato e quello che sarò”

Lo storico presidente azzurro si racconta per aneddoti e ammonisce: "Il calcio necessita di innovazioni"

“Torna Roberto Fiore per una nuova presentazione del suo libro “Quello che sono stato”, scritto, come lui stesso ci ha tenuto a puntualizzare, “per uscire dal «carcere» e non perdere la parola all’età di 88 anni.” Ospiti della libreria Loffredo al Vomero che si è trasformata in un gremito salottino letterario, Gianni Improta, Enzo Montefusco, Rosario Rivellino, Enrico Fedele e l’Avv. Enrico Tuccillo. Nel ruolo di padroni di casa al fianco dello storico presidente del Napoli l’attore Gino Rivieccio, Gianfranco Coppola, giornalista della Rai di Napoli coadiuvati da Toni Iavarone, redattore de Il Mattino.

Ancora una volta sono stati rievocati aneddoti della vita professionale ed umana di Roberto Fiore, che Toni Iavarone ha definito “Giamburrasca”, in quanto da bambino il presidente fu rinchiuso in collegio per ordine del podestà di Cardano: “Avevo 6 anni e buttavo le pietre giù dal cavalcavia di Bellavista.” – racconta Fiore “Passai tre anni in quel collegio, poi dissi basta e decisi di farmi cacciare. Con l’aiuto di un compagno ogni sera portavamo i bambini più piccoli che già dormivano, in camerate lontane; al mattino questi piangevano, perché non riconoscevano più il luogo in cui erano. Ebbene, si creò un tale caos che quando si accorsero che l’autore del fatto ero io fu lo stesso collegio a rispedirmi a casa!”

Ma ciò che abbonda sono i complimenti per questo uomo di sport. Toni Iavarone gli attribuisce il merito di aver praticato per la prima volta il factoring con gli abbonamenti da pagare a rate; Enzo Montefusco lo definisce un uomo vincente, dotato di intuito: “Durante la settimana si faceva vedere e sentire, era severo e deciso nel fare le cose, anticipando la tipologia dei presidenti odierni nell’ingerenza con gli allenatori”. Dello stesso parere è anche Rosario Rivellino: “È uno che difficilmente sbagliava una valutazione. Mi chiese consiglio per un centravanti quando ero al Parma, la mia risposta fu Clerici ma lui ribatté che voleva Sivori e Altafini per riempire lo stadio.”  Gianni Improta conferma con una puntualizzazione: “Consigliava sempre, è vero, ma senza mai imporsi, infatti quando ho allenato a  Castellammare facevo tranquillamente di testa mia ed i suoi consigli erano comunque molto validi.” Anche Enrico Fedele condivide: “Tra i presidenti tecnici, alla Boniperti, per intenderci, può essere definito il primo, anzi non sbaglieremmo se parlassimo di un presidente «alla Fiore», invece che alla Boniperti. E poi non è neanche scaramantico, anche se non mangiava mai prima delle partite.” Interviene in merito lo stesso presidente a raccontare di un episodio accaduto quando era alla guida del Posillipo: “Avevamo lo spareggio scudetto contro la Canottieri Napoli ed alla mia porta, due ore prima della gara, bussò una persona che non ero contento di vedere, perché perdevamo ogni volta che la incontravo. La portai con me solo perché, al mio rifiuto scoppiò quasi in lacrime; quando arrivammo alla piscina, notai Carlo De Gaudio, presidente della Canottieri. Mandai questa persona ad abbracciare forte e ripetutamente De Gaudio; ebbene, vincemmo 3-2 e lo scudetto fu nostro!”

L’occasione per commentare il caso Lavezzi è ghiotta e ci pensa Gino Rivieccio a dare il là: “Che faresti presidente con 31 milioni? Li investiresti per un nuovo Sivori?” E qui Fiore si fa serio: “Difficile rispondere. Sicuramente De Laurentiis ha delle responsabilità e non può sbagliare. In passato l’ho chiamato per consigliargli di cambiare metro, di preferire l’inserimento graduale, anno per anno, di giocatori di valore piuttosto che programmi tri- o quadriennali. Con 60 anni di calcio alle spalle posso dire la mia: il calcio necessita di innovazioni, adesso si esagera, i presidenti più importanti hanno smarrito la retta via e così facendo si rischia di far diminuire gli spettatori. Intanto vediamo come va  la campagna acquisti. Quello che sarò? Mi hanno chiesto di tornare all’Ischia che resta nel mio cuore e sarò vicino ai dirigenti col mio sostegno e i miei consigli ma nulla di più. Coltivo invece il sogno di arrivare a 90 anni e di festeggiarli tornando al S. Paolo per salutare tutti i tifosi del Napoli. Spero proprio che De Laurentiis mi dia il permesso.”

 

Maria Villani

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