Si sarà mai fermato, quel pallone, nell’aria rarefatta di Città del Messico? Persino loro, i tedeschi che vennero sconfitti, la chiamano «partita del secolo», anzi «Jahrhundertspiel»: Italia-Germania è una sfida che non finisce mai. Gigi Riva lo sa bene:
«Gioie e dolori, ma molte più gioie per noi. Alla fine non ci battono mai».
Ora tocca al mastodontico Bayern Monaco di Gomez, Ribery e Muller. Dall’altra parte c’è il Napoli a difendere i colori della patria.
Riva, ce la farà il Napoli a non perdere all’Allianz?
«Per battere una squadra tedesca, che sia una di club o la nazionale, l’arma in più è sempre la fantasia. Loro hanno un modo freddo e spietato di giocare a calcio».
Lo dà un consiglio a Mazzarri?
«Lui è bravo e non ne ha bisogno. Sarà una grande partita, una di quelle che comunque vada tutti ricorderanno a lungo».
Il Napoli tra le grandi d’Italia, è un dato acquisito?
«Un traguardo eccezionale. Una squadra che è cresciuta tantissima e vince giocando spesso molto bene. Hanno convinzione, testa. Gambe, cervello e tecnica: direi che non manca proprio niente. Ed esistono altri margini di crescita».
Tra azzurri e bavaresi è il confronto tra due scuole diverse?
«Tedeschi e italiani, nella storia, valgono più degli olandesi e dei brasiliani. Hanno sempre insegnato a tutti solidità e concretezza».
Riva, parliamo di quel sacro pomeriggio di Città del Messico, stadio Azteca, 19 giugno 1970.
«Nello sport non c’è traccia di chi arriva secondo. Fu una vertigine perché il nostro calcio non saliva tanto in alto dal ’38 e perché in finale ci aspettava Pelè. Ma col Brasile perdemmo, purtroppo. Mille volte ho ripensato a quei giorni e sempre avrei cambiato il mitico 4-3 con una vittoria normale, senza mito, e con un successo contro il Brasile».
Un altro ricordo. Stadio San Paolo, 22 novembre 1969: di fronte c’è un’altra Germania, quella dell’Est.
«Altra vittoria, ovviamente. Ci giocavamo la qualificazione ai Mondiali, dovevamo assolutamente vincere. La Germania Orientale era una buona squadra: io prima sbagliai un rigore e poi segnai di testa il gol del 3-0 su assist di Boninsegne. Poi sentii un boato spaventoso al San Paolo, una gioia incontenibile…».
È vero che poteva venire al Napoli?
«Fosse stato per me avrei chiuso la carriera in azzurro. Volevo lasciare Cagliari per ripicca nei confronti nei dirigenti sardi e mi accordai con Ferlaino. Ma la società disse di no. Mai avrei giocato in una squadra del nord, avevo anche rifiutato la Juve».
Lei vinse uno scudetto storico?
«Il primo che ha interrotto lo strapotere dei club settentrionali. Sarebbe stato bello vincerne uno pure a Napoli».
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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