Franck Ribery ha una voglia matta di tornare a giocare a calcio. Non lo fa in partita dal 27 ottobre scorso, dalla squalifica rimediata alla fine di Fiorentina-Lazio. Le sue proteste eccessive al fischio finale hanno fatto sì che l’arbitro Guida estraesse il rosso, portando il Giudice Sportivo a infliggere al francese tre turni di stop. E’ passato un mese e il classe 1983 ricomincerà da Verona: “Avrei dovuto evitare quella reazione, mi sono scusato ma non è bastato. Una tristezza infinita. L’istinto, la tensione della partita hanno prevalso sull’esperienza. Male, molto male”.
Lo ha raccontato lui stesso in esclusiva al Corriere dello Sport. Gli è bastato poco per diventare simbolo di Firenze, la gente lo ama e lo ha accolto come un figlio maggiore fin dal primo giorno. Lui ha ripagato l’affetto con gol, assist e buone prestazioni. La Fiorentina ha vinto solo una volta in 5 partite, adesso deve reagire: “Sappiamo di non avere una squadra da primi posti – ha continuato – ma dobbiamo sempre uscire dal campo felici per la vittoria ma anche arrabbiati per la sconfitta. È il messaggio che passo ai più giovani”.
Il Bayern è il passato, Firenze il presente. Pradè e Barone sono riusciti a portarlo alla corte di Montella, che se lo coccola: “È un posto ideale per fare calcio, la città, il pubblico vive la squadra. Come a Marsiglia, dove sono stato due anni. C’è un’adesione fortissima. Rocco Commisso, Joe Barone e Daniele Pradè – persona unica – hanno tanto entusiasmo, la gente si fida di loro. E con Montella mi trovo benissimo, mi ha dato tanta responsabilità, il cambio di modulo ha portato equilibrio alla squadra”.
Ribery è una guida per i giovani, a partire da Chiesa, di cui ha parlato fin dalla conferenza stampa di presentazione. Gli gioca accanto, gli trasmette gli insegnamenti di una carriera intera: “Non amo aprire bocca quando ho poco da dire, ma vista l’esperienza che ho accumulato ogni tanto provo a trasmettere qualcosa al gruppo. Nelle prime settimane sono stato in silenzio perché ero arrivato tardi, niente preparazione. Ho aspettato di recuperare una condizione buona per dare una mano alla squadra. Chiesa lo vedo più centrocampista esterno che punta. Ha grandi doti, deve soltanto pensare a giocare, a lavorare, a crescere. E’ un tipo abbastanza chiuso, ma sa ascoltare”.
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