ROMA – Generale dietro la collina. Parafrasando De Gregori, già dalla fine di ottobre a Formello si vagheggiava l’idea del possibile ritorno alla Lazio di Edy Reja, affettuosamente ribattezzato il generale. De Laurentiis, produttore cinematografico prima ancora di essere proprietario del Napoli, lo aveva definito il Kirk Douglas della panchina per la somiglianza con l’attore americano che spesso interpretava film western. «Generale la guerra è finita il nemico è scappato, è vinto, è battuto dietro la collina non c’è più nessuno solo aghi di pino e silenzio e funghi buoni da mangiare buoni da seccare da farci il sugo quando viene Natale quando i bambini piangono e a dormire non ci vogliono andare» scriveva Francesco De Gregori nel 1978. Una canzone di pace per raccontare il ritorno del soldato a casa. «Tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore» recitava l’ultima strofa, quasi fosse profetica, pensando al ritorno in panchina di Edy Reja, che lunedì sera prenderà posto sulla panchina della Lazio allo stadio Olimpico.
ARRIVEDERCI – Lotito ci ha pensato a lungo, ma in fondo al cuore sapeva che avrebbe sempre potuto richiamare al casato della Lazio il suo vecchio allenatore, burbero friulano, capace di spezzarti con un sorriso e di mandarti a quel paese da adorabile canaglia. Generoso. E di grande personalità. In fondo il presidente ha proprio bisogno di persone così al suo fianco, in grado di resistergli e opporgli una resistenza costruttiva. Reja ha ricaricato le pile. Quando andò via era stanco, sfibrato. E’ vero, nel febbraio 2012 erano state forti le tensioni con i dirigenti dopo un mercato non completato come nei suoi desideri e con l’unico acquisto di Candreva a pochi secondi dal gong del 31 gennaio. Edy si era anche dimesso, ma poi aveva concluso il campionato e alla fine Lotito, che lo salutò con una lettera appassionata, gli aveva proposto il rinnovo del contratto e suggerito di prendersi due settimane di vacanze prima di rispondere. Reja declinò l’invito, perché convinto (in quel momento) che sarebbe stato quasi impossibile migliorare i risultati della Lazio nella stagione successiva. Ma il chiarimento con il presidente e Igli Tare, nell’incontro avvenuto a fine campionato, fu totale. Certe incomprensioni erano già state cancellate. «Questa è ancora la squadra di Reja» ci disse il diesse albanese nel luglio 2012 durante il ritiro di Auronzo quando Petkovic era già in campo ad allenare la Lazio. Si trattava di un arrivederci, non di un addio.
ARMENIA – Queste sfumature aiutano a capire perché la società abbia scelto la soluzione più logica e sia stato possibile il ritorno di Reja, che riprende un lavoro interrotto un anno e mezzo fa e che sarà coadiuvato da Alberto Bollini, tecnico della Primavera campione d’Italia. Edy, che in passato ha guidato l’Hajduk Spalato, stava valutando alcune offerte dall’estero. Voleva tornare ad allenare. Si è parlato del Valencia e di un club ucraino. In realtà la proposta più interessante e concreta gli era arrivata a metà novembre dall’Armenia, inserita nello stesso girone delle qualificazioni mondiali con l’Italia. Lo volevano nuovo ct della nazionale. Offerta faraonica. Un contratto biennale e il rinnovo automatico in caso di qualificazione agli Europei del 2016 in Francia. La prospettiva di arrivare sino ai Mondiali del 2018 e un ingaggio sontuoso. Zio Edy ci ha pensato e poi ha declinato l’invito. Aspettava la Lazio, sapeva che Lotito sarebbe potuto tornare a contattarlo. Erano tanti, troppi i segnali. E complicata restava la pista legata a Murat Yakin, contattato dai dirigenti biancocelesti, ma non troppo deciso a lasciare il Basilea, dove guadagna il doppio di Petkovic alla Lazio. Reja era stato anche cercato dalla Samp, ma si trattava di una possibile alternativa a Mihajlovic. E così decise di respingere ancora il pressing dei vertici federali dell’Armenia, che ci provarono di nuovo, dandogli altro tempo per decidere. Il generale Reja era già dietro la collina di Formello.
Fonte: Corriere dello Sport
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