Giudici, avvocati e fiduciari Aic: tutti d’accordo nel bocciare la sentenza della Disciplinare. «Il Napoli è vittima di una grossolana ingiustizia – afferma Tullio Morello, gip presso il tribunale di Napoli, in passato all’Ufficio indagini –, è parte lesa ed invece è stato punito come colpevole: è un controsenso giuridico. Il nodo resta la responsabilità oggettiva, essenziale per l’attuale codice di giustizia sportiva ma assolutamente anacronistica». Ancora più forte è il commento del penalista Claudio Botti, fondatore del «Te Diegum»: «È una sentenza assurda perché assurde sono le regole della giustizia sportiva. Così ogni calciatore o club rischia il massacro giuridico. Il Napoli non ha subito un trattamento diverso ma è evidente la disparità di tempistica: il club subisce danni, la Lazio invece alcuno ed anzi beneficia dell’apporto di Mauri, arrestato mesi fa».
La pensa analogamente l’avvocato Paolo Trofino, che ha difeso Luciano Moggi in Calciopoli: «Quella sportiva è una giustizia rudimentale. Speravo che la Disciplinare avesse, in questo caso, un sussulto d’orgoglio giuridico ed invece ecco l’ingiustizia tombale». Bruno D’Urso, presidente dell’Ufficio dei Gip di Napoli ed ex giudice sportivo e procuratore federale, invoca un cambiamento: «Il principio della responsabilità oggettiva non ha ormai più senso, perché non è al passo con i tempi e gli interessi enormi in ballo. Il calcio deve decidersi a fare un passo in avanti, adeguandosi ai cambiamenti dei club, vere e proprie holding o società per azioni». Per tutti il processo sportivo va riformato: «Bisogna buttare letteralmente a mare principio di responsabilità – afferma Trofino – perchè i danni sono enormi: il presidente spende soldi, la squadra si impegna e deve essere punita per un episodio lontano tre anni e del quale il club non aveva alcuna conoscenza. Punirlo è stata pura follia».
«Se il Napoli – aggiunge Botti -, non provando la strada del patteggiamento, ha inteso fare una battaglia di principio ha sbagliato, perché con tali norme non si poteva non essere condannati. Il Napoli invece dovrebbe fare una battaglia per riformare la giustizia sportiva, che è assurda, arbitraria e sommaria. A differenza del processo penale, per esempio, non ci sono i criteri di valutazione delle prove. Dunque non è previsto di dover verificare l’attendibilità delle testimonianze e, in questo caso, quella di Gianello». «Per riformarla – di rimando il giudice Morello – bisogna stare nella stanza dei bottoni. Speriamo solo che questa vicenda dia compattezza ed energia alla squadra e non il contrario».
L’avvocato Luigi De Palma, fiduciario dell’Assocalciatori per la Campania annuncia possibili iniziative: «Non entro nel merito dei casi di Cannavaro e Grava, però verificherò con l’Aic eventuali azioni di tutela. In generale credo che il principio della responsabilità oggettiva deve essere estremamente compresso e limitato, ed invece ha prodotto anche in questo caso una decisione pesantissima». Il giudice D’Urso va oltre: «Spesso l’omertà spinge un calciatore a non denunciare un compagno: per sconfiggerla è necessario che i giocatori siano informati nei minimi dettagli, potendo sempre contare sul sostegno legale».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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