Responsabilità oggettiva, la spina più aguzza nel fianco dei club, spesso costretti a pagare due volte: per il comportamento infedele di un proprio tesserato e perché, proprio a causa di quel comportamento, che spesso va contro la stessa società (le famose partite a perdere, ad esempio), si viene sanzionati da un punto di vista disciplinare. Ecco, proprio questo caso potrebbe essere la prima pietra di una riforma auspicata da tutti. Se è vero che il principio della responsabilità oggettiva è un concetto giuridico internazionale (Fifa e Uefa) e non può essere quindi eliminata, può però essere modificata. E la prima modifica radicale, nel senso di una norma più giusta, potrebbe essere quella di abolirla nel caso in cui la condotta delittuosa di un tesserato (non legale rappresentante, perché in quel caso saremmo davanti ad una responsabilità diretta) si verifichi a danno della società stessa. Prendete lo scandalo scommesse, ad esempio: la maggior parte delle violazioni sono state commesse ai danni della società per la quale si giocava. Per questo una parziale modifica (ma solo a livello sanzionatorio) è già avvenuta. Fino al caso-Benevento, la responsabilità oggettiva veniva punita con 7 (Ravenna, giugno 2011) e 6 punti (Atalanta). L’avvocato Chiacchio, che difendeva i campani, chiamati a rispondere per il comportamento di Paoloni, riuscì in ultima istanza a ridurre a 2 i punti di penalizzazione, visto che il portiere giocava “a perdere”. Da quel momento in poi di è formata una consolidata giurisprudenza in materia che ha portato a ridurre a 2 punti la pena per la responsabilità oggettiva e, di conseguenza, a uno per la presunta.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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