È l’appuntamento che decide la carriera di Inler e l’immagine di un presidente. Nell’ultimo giorno utile, va proprio De Laurentiis a traUna firma o addio. Ci voleva coraggio, ma accetta la sfida. Deve bloccare sul filo dei minuti un giocatore che la sua società tratta da Natale 2010: l’ennesima rottura, dopo sette mesi, sarebbe una sconfitta per tutti. Per Inler, che illuso dall’offerta juventina poi svanita (2,3 milioni di ingaggio) torna all’Udinese per 700 mila euro l’anno, meno di un terzo. Per l’Udinese, che rinuncia ai 15 milioni pattuiti da mesi con De Laurentiis. Per il Napoli, il cui flop sarebbe doppio: squadra incompleta a centrocampo, società ridimensionata sul piano operativo dopo una trattativa così infelice e contorta. Proprio il rischio che corrono Inler, l’Udinese e il Napoli spiega l’ottimismo di oggi: ci rimettono tutti. Sono quindi pronti a chiudere l’affare. L’esito positivo fisserà ancora meglio il ruolo di Aurelio De Laurentiis: con la temeraria baldanza di chi scopre da poco il calcio, accentra tutti i poteri. Vuol essere Agnelli e Boniperti insieme, finanziare il club e guidarlo. È lui, il presidente della terza società italiana, a trattare ancora con Dino Lamberti, un agente uscito dall’anonimato proprio perché da sette mesi discute, cavillo dopo cavillo, con il giovane Bigon. Con la firma di Inler, è possibile un primo bilancio. Ai 18 milioni all’Udinese (15 cash e 3 di conguaglio per la cessione definitiva di Denis al club friulano) vanno aggiunti 9 per Dzemaili che arriva dal Parma, 9 per il mancino bolognese Britos, 5 per il difensore centrale argentino Fernandez, prenotato già a gennaio, infine 3,5 per il ventottenne Antonio Rosati, portiere del Lecce che schioda dalla panchina Iezzo e Gianello. Due che erano già qui, gratis. Rosati costa abbastanza, in questo mercato senza liquidità, animato dal clamore di troppi affari fittizi e poche firme. Lo dimostra l’arrivo a costo zero di Donadel, 28 anni anche lui, mediano, ruolo più impegnativo del portiere di ricambio. Con il sì di Inler, saranno 46,5 i milioni spesi dal Napoli. L’investimento smentisce tutti i timori della tormentata primavera di Walter Mazzarri. Due reparti su tre sono delineati. È indubbiamente più forte la difesa. Britos è il mancino che cercava l’allenatore Mazzarri. Purtroppo, sancisce anche la bocciatura (quasi) definitiva dello spagnolo Ruiz, preso a gennaio scorso dall’Espanyol di Barcellona. Alto, non molto rapido nel breve ma veloce sullo spazio lungo, Britos è un buon colpitore di testa. Il Napoli, passando da Aronica all’ex bolognese, si piazza meglio sui calci d’angolo. Il solito Cavani sul primo palo che va a cercar palla, altri quattro saltatori per una stretta marcatura fissa nel gioco alto: Maggio, Cannavaro, Campagnaro e Britos, appunto. Il Napoli è blindato sui calci piazzati, con i colossi in difesa perde qualche punto solo sullo scatto breve, la specialità di Grava e Santacroce, due nomi che portano a Mazzarri. Ha valorizzato l’insospettabile Grava, ottimo lavoro di restauro come per Aronica e Pazienza. Non altrettanto gli è riuscito con Santacroce, un modello di difensore tecnico e agile, ora spedito a Parma. Riserva diventa anche Ruiz, altro giovane difensore con buone doti tecniche, ma troppo riflessivo nello sprint ravvicinato. Centrocampo davvero potenziato, con Inler. Con Dzemaili sarebbe una trincea elastica davanti alla difesa. Inler ha la forza della continuità con buona visione del gioco, mette ordine e dà ritmo. Dzemaili può staccarsi per il pressing alto, ha buon contrasto e piede non rozzo. In un centrocampo da turnover frequente saranno preziosi Donadel, ordinato nei suoi movimenti orizzontali, adatto quindi al modulo con gli esterni, ma soprattutto Gargano che può recuperare palla con la sua anarchica irruenza essendo ben coperto da Inler. La sua cessione sembra inopportuna. La conferma scontata di Cavani, oltre a quella di Hamsik e Lavezzi, non cancella la priorità di questo mercato. Un attaccante che possa alternarsi agli altri, senza travestire il duttile Zuniga nella goffa imitazione di una punta. Sarà così superata la soglia dei sessanta milioni. De Laurentiis ha un limite: fa troppo per un presidente di grande club. Ma se conclude con Inler e poi afferra il bomber giusto, ha un pregio ormai raro. Amministra meglio di tutti, spende molto, spesso bene.
La Redazione
C.T.
Fonte: Antonio Corbo per Repubblica
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