Vero o falso? Anno di grazia (con qualificazione in Europa League) 2009-2010 ma tra quei freschi merletti, c’è l’arsenico che riemerge, circa mille giorni dopo, rileggendo Fabio Quagliarella. La domanda ora sorge spontanea e a Dimaro, alle nove e trenta del mattino, prima di scendere in campo, il Napoli ha letto, dunque i sudamericani pure, e vige il silenzio comandato però dall’organizzazione d’un ritiro che prevede conferenze stampa già programmate. «Vero, comunque» . Lo dice Mazzarri, lo conferma l’espressione di Riccardo Bigon, che dal fondo del teatro osserva e ascolta il proprio allenatore e con la mente va a quella stagione complessa, articolata, vissuta tra conflitti che appartengono al calcio come ad un pubblico (o privato) ufficio: c’eravamo tanto odiati, più o meno, e ciò ch’emerge dalle dichiarazioni rese da Quagliarella alla Procura della Repubblica di Napoli, il 16 giugno del 2011, trova conferma in ciò che il tecnico sottolinea, attraversando la sua prima stagione partenopea. «Qui i problemi c’erano ma io li risolsi. Convocai i calciatori più volte in sala video, feci vedere loro i filmati, spiegai come si doveva giocare, come andava servito il pallone, come utilizzare un passaggio. Sul campo, facemmo non bene ma benissimo, perché alla fine sfiorammo la Champions e comunque riuscimmo ad arrivare in Europa League: sesti, ma eravamo partiti con l’handicap, perché quando arrivai eravamo nei pressi della zona retrocessione. Poi io non so se Fabio si fosse convinto dell’inesistenza, ormai, di divergenze. Ma una cosa è certa: venne ceduto perché in quel modo si faceva il bene di tutti. E noi puntammo su Cavani» .
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