Surreale, allucinante.L’atmosfera di uno stadio vuoto non appartiene al calcio. Chi l’ha vissuta cataloga quest’esperienza tra i ricordi più tristi. Ad esempio, Alessandro Renica, libero del Napoli negli d’oro, oggi allenatore. Giocò la prima partita della storia azzurra in Coppa Campioni a Madrid, settembre ’87.
«Era tutto strano, il silenzio dentro il campo, le voci dei giornalisti che rimbalzavano dalla tribuna, il tifo organizzato dagli spagnoli all’esterno dello stadio. Era il Bernabeu, una cattedrale, non uno stadio qualsiasi. Lo sforzo più grande fu quello di trovare la concentrazione perché non era facile in
quelle condizioni».
Finì 2-0 per i madridisti che ipotecarono il passaggio al secondo turno.
«Ma noi giocammo un primo tempo da favola, prima del loro primo gol. Io presi un palo e poi Giordano sbagliò a porta vuota, e al primo errore beccammo il rigore contro.E la seconda rete fu un autogol».
Oggi il Napoli ritorna a giocare una partita senza pubblico.
«Per fortuna siamo all’ultima giornata di campionato e il risultato non sarà determinante per nessuna delle due formazioni. Di sicuro i giocatori in campo onoreranno l’impegno ma sarà poco più di un allenamento».
Al San Paolo si sfidano Napoli e Verona,le due squadre di Renica.
«Questo match mi ricorda molto il passato. Sono veronese e fa piacere vedere due squadre confrontarsi senza assilli di classifica, con i rispettivi obiettivi stagionali messi già in cassa forte».
Il Napoli poteva fare di più?
«Per me la stagione degli azzurri è altamente positiva. Benitez si è dimostrato un fior di allenatore, uno dei migliori a livello europeo. Ha dovuto ricostruire in fretta la squadra e renderla competitiva in breve tempo. Non di men richiamo cosa ha fatto il Napoli in Champions, iniziata dopo appena due mesi di lavoro sotto la gestione dello spagnolo».
Oggi si gioca senza tifosi per i fatti dell’Olimpico:dove sta andando il calcio italiano?
«Per quello che accade fuori dal campo, ha preso una brutta strada. Il calcio giocato invece attraversa una fase involutiva, ai miei tempi si “picchiava” di più ma c’era più lealtà e meno stranieri. Oggi la politica di valorizzazione dei giovani è molto scadente, c’è poco spazio per i nostri talenti. Guardate Immobile e Insigne:sono due piccoli fenomeni eppure rischiano di non andare in Brasile».
Fonte: Il Mattino
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