Sono 17 anni che il Napoli non riesce a mettere sotto la Juventus. Praticamente una maledizione, quella del San Paolo. Una maledizione che sembra rinnovarsi anche quel 27 ottobre del 2007, giusto in apertura del secondo tempo, al primo minuto, quando Del Piero, sempre lui, chiudendo una combinazione Trezeguet-Palladino mette in ginocchio Iezzo. Vecchia storia, antica e sfortunata tradizione, si pensa. Ma solo per un momento. Anzi, per tre minuti solamente. Al quarto, infatti, invenzione di Gargano: rapido slalom in area di rigore e destro che prende irrimediabilmente Buffon in controtempo. Un gran gol. Di quelli importanti. E che ancora oggi può definirsi il miglior gesto tecnico di Gargano in maglia azzurra.
Bene. Due guizzi e Napoli-Juve si trasforma da match senza sale in partita finalmente saporita, viva, capace di nuove sorprese. Detto fatto. Anche se, in verità, più che le due squadre ci pensa l’arbitro, Mauro Bergonzi, a riscaldare un po’ l’ambiente. Bergonzi, infatti, nel giro di nove minuti (16′ e 25′) assegna alla squadra di Edy Reja (c’era lui in panchina) due rigori. Il primo, generoso, per una spinta di Chiellini al Pocho; l’altro, per una troppo ardita uscita di Buffon su Zalayeta. E dal dischetto entrambe le volte è Domizzi il gelido cecchino. Proprio così: dallo 0-1 al 3-1 in poco più di venti minuti. Roba da non credere, anche se Bergonzi finisce sotto il tiro spietato della Juve per quei due rigori e soprattutto per quello concesso a Zalayeta, che finisce anche squalificato per simulazione. Squalificato, sì, ma poi riabilitato dalla Corte di giustizia federale che, sulla scorta di nuove e più chiare immagini tv, decreta l’esistenza del fallo da rigore e, quindi, la corretta decisione di Bergonzi. Ma non basta, Bergonzi, infatti, paga lo stesso: non arbitra in A per due mesi e mezzo e ritrova la Juve solo tre anni dopo.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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