OPORTO – «Santo» subito: perché quell’oggetto volante ben identificato che schizza per andare a togliere dall’angolo lontano il colpo di testa di Jackson Martinez ha qualcosa di sovraumano; e perché poi quel soggetto sgargiante che decolla e va al «sette» per deviare la pallonata di Fernando ha qualità divine. Santo subito, gli urlano dalla curva: perché è ancora e di nuovo Pepe Reina, trentadue anni ma non sentirli affatto, e un talento smodato che si prende lo «Estadio do Dragao» e con due interventi miracolosi lo strapazza. Ma sì, come ha fatto? La domanda è oziosa: l’ha fatto, l’ha rifatto, come a Swansea, come spesso gli è successo in quest’annata meravigliosa, da specialissimo precario che presta tutto se stesso e trascina il Napoli fin dove può. «Speriamo al prossimo turno: noi vogliamo andare avanti e ce la metteremo tutta, daremo il massimo, tireremo fuori il meglio. E poi avremo i tifosi dalla nostra parte e ci spingeranno loro».
LA STAR – Però aiutati, che Reina t’aiuta: e lo fa nel modo a lui più congeniale, trasformandosi in quel che è, un fenomeno dinnanzi al quale si può restare stregati, come è successo a Jackson Martinez, o ascoltandolo, in quella sua onestà intellettuale che ricompare puntuale, come già successo, per analizzare una partita strana. «Non quella che avremmo voluto fare». Eccola lì un’altra paratona, arriva dopo il triplice fischio finale, serve per spostare l’attenzione sulla verità d’un risultato che è indiscutibile: il ritorno è un invito a crederci, claro no, però dallo «Estadio do Dragao» il Napoli esce tra le raccomandazioni di rito d’un uomo che ne ha viste tante e che sa come se ne esce: «Il risultato è malo ma giusto. E poi». E poi sarà Napoli-Porto, altri novanta minuti ancora, affidandosi ovviamente a Reina e però chiedendo anche a Higuain o a Insigne ad Hamsik o a Callejon a Mertens o chi capiterà di metterci qualcosa là davanti. «E’ chiaro che avevamo un’altra idea, pensavamo di poterla impostare diversamente, ci sarebbe piaciuto riuscire a giocare in velocità».
TUTTI AL SAN PAOLO – La paura fa novanta a Fuorigrotta, però sarà tremarella bipartisan, perché chi parte con il vantaggio d’un gol sa di non poter sbagliare e chi invece ha dalla sua il fattore campo deve fare attenzione a non subire, altrimenti sarà notte fonda. E allora, Napoli o Porto, però sapendo di avere tra i pali un angelo (o un diavolo, dipende da che parte la si legge): uno che va laggiù per afferrare la capocciata di Jackson Martinez, uno che va lassù per strapazzare Fernando e ridimensionare gli effetti della sconfitta: uno che si chiama Pepe Reina e non è un portiere qualasiasi, non per De Laurentiis che l’ha eletto «tra i tre migliori al mondo», non nello «Estadio do Dragao» che ancora sta lì a chiedersi, in qualsiasi settore, cosa sia inventato per atterrare. Forse lo chiamano dono dell’ubiquità o magari è semplicemente bravissimo: un santo laico s’aggira tra i pali. «Ma noi adesso pensiamo al Torino e poi proviamo a passare il turno. Il Porto è una squadra difficile da battere e si è visto stavolta. Però tra una settimana circa noi giocheremo dinnanzi ai nostri tifosi». Volare sarà più semplice, forse: chissà.
Fonte: Corriere dello Sport
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