Tutti possiamo sbagliare la valutazione di un calciatore dopo averlo visto in azione. Nessuno è infallibile. Tutti abbiamo il diritto di sbagliare a meno che nelle critiche non ci siano malafede, prevenzione, motivi inconfessabili, pretesti. A mio modesto avviso, solo un anno fa, qualche becero individuo lanciò una montagna di insulti su Paolo Cannavaro e su Gianluca Grava. “Ma dove andiamo con questi calciatori?”, fu la frase più tenera verso i due che oltre ad essere ottimi professionisti sono anche attaccatissimi all’azzurro del Napoli. Dunque, vanno in campo nel rispetto degli stipendi che percepiscono, ma anche con l’amore che portano verso la maglia.
Ieri, assente Cannavaro per squalifica, è stato Grava ad indossare i gradi di capitano. Una partita eccezionale quella di Gianluca. La sua prestazione non è stata caratterizzata soltanto dal solito indomito ardore, ma anche da giocate che nessuno si sarebbe aspettato da uno rude come lui. Un esempio? Nel primo tempo, quell’apertura con il sinistro verso la fascia destra. Per non parlare della marcatura su chi del Lecce chi gli capitava a tiro, su quel salvataggio sulla linea che non vale meno del fantastico gol di Cavani, che non è stato meno spettacolare e meno apprezzato.
Ciò premesso, dove stanno quelli che dicevano “dove andiamo con Grava e con Cannavaro?”. Hanno il coraggio di fare un pubblico mea culpa, di chiedere scusa agli uomini Cannavaro e Grava prima che ai due superprofessionisti? Intanto, con Cannavaro e con Grava il Napoli, nella passata stagione, ha conquistato la Europa League e in questa in corso è secondo in campionato, a tre punti dal Milan, ed è l’unica squadra italiana ancora impegnata in Europa League.
Chiedo: quale è la caratura umana e professionale di chi concede a certi individui di sputare veleno e insulti per cercare di darsi un’identità, sperando di avere un ruolo? A me sembra solo un modo assurdo di dar sfogo alle proprie frustrazioni. Di inetti o di falliti.
La Redazione
C.T.
Fonte: Vittorio Raio per radiomarte.it
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