Senza identità, senza diritti, senza possibilità. Neanche di registrare la nascita di suo figlio o di giocare a pallone. Non è una riedizione moderna e romanzata del «Fu Mattia Pascal», ma la storia vera di Raffaele Shassah che dopo 21 anni vissuti senza alcun rapporto con la burocrazia, scopre, come il pirandelliano Adriano Meis, che non basta esistere se non c’è una certificazione ufficiale.
Il 10 agosto scorso è stato il giorno più traumatico per Raffaele, madre afro-brasiliana, nato al San Paolo, inteso come ospedale di Napoli, nel 1992: quando si è presentato all’ufficio anagrafe per denunciare la nascita del suo primogenito, si è sentito rispondere che non poteva registrare nulla perché lui, Raffaele, non esiste proprio. Almeno ufficialmente. Non bastava. Perché quando la sua squadra, l’Afronapoli United dell’Aics, si è iscritta al campionato di terza categoria della Figc, è rimasto escluso anche dal pallone, sempre perché «inesistente». Già perché sua madre, 21 anni fa, non lo registrò all’anagrafe benché esista una cartella clinica, nel reparto Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale che attesta la nascita di Raffaele. In qualche modo il ragazzo è pure andato a scuola, elementari e medie a Pianura con l’esplosione della passione del pallone. «Una vicenda assurda – dice il presidente dell’Afronapoli, Antonio Gargiulo – Questo ragazzo grazie allo sport si è allontanato dai pericoli della strada e ora, per burocrazia, non può più neanche far parte della squadra. Eppure è un centrocampista forte».
Di «burocrazia ottusa» ha parlato anche il sindaco De Magistris che ha promesso un suo intervento per restituire i diritti al ragazzo inesistente affidando simbolicamente il ragazzo ai responsabili della Figc, quello nazionale e quello campano. «Raffaele è nato e cresciuto a Napoli – dice Enzo Pastore, presidente del comitato regionale – i suoi diritti di cittadinanza devono essere riconosciuti e noi ci stiamo impegnando perché questa storia abbia un lieto fine». «Spero di tornare al più presto in campo – dice Shassah – e grazie all’interessamento della Figc dovrebbe essere possibile. Magari qualcuno mi nota e riesco a giocare in serie C, così guadagno facendo qualcosa che mi piace. Intanto spero che arrivi un documento, così posso sposare la mia compagna di vita. Legalmente».
Fonte: Il Mattino.
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