Raffaele Sergio ha vissuto Udine negli anni dell’ultimo ritorno in A e del primo storico accesso all’Europa per poi tornare vicino a casa, a Napoli. Oggi l’ex terzino sinistro é diventato allenatore ma continua a seguire le sorti delle sue ex squadre. Vivendo in Campania, ha il polso della situazione ambientale che attende l’Udinese:
“Prima della vittoria sulla Lazio c’era aria di crisi da queste parti, le sconfitte avevano tolto sicurezza alla squadra. La vittoria di lunedì ha però riportato entusiasmo e dato slancio all’ambiente. Credo però che l’Udinese sia un brutto cliente per il Napoli: la squadra che ho visto a Torino se la può giocare alla pari con il gruppo di Benitez”.
Il problema che rimane, però, é la difficoltà a segnare: “Credo che per Totò sia solo un momento così. L’importante é arrivarci davanti alla porta e creare occasioni pericolose. Ultimamente ho visto molto bene l’Udinese sia per intensità che per qualità di gioco”.
Finora ha però stentato: come mai secondo te? “Il discorso é sempre quello: l’Udinese si affida a giocatori giovani e molto interessanti che però bisogna avere la pazienza di aspettare. A Udine ciò é possibile, quello é l’ambiente ideale per consacrarsi al grande calcio”.
Napoli e Udinese negli ultimi tempi hanno spesso concluso affari di mercato: possibile che accada di nuovo presto? “Il Napoli credo interverrà sul mercato di gennaio, ma l’Udinese non vende i migliori a metà campionato. Comunque é difficile fare operazioni importanti nella finestra invernale”
Nel ruolo che era tuo, oggi a Udine c’é Gabriel Silva: come lo vedi? “E’ un giocatore che ha grande tecnica, qualità e forza. E’ un giocatore importante a cui l’Udinese ha dato la massima fiducia. Credo possa ambire a grandi palcoscenici”.
La squadra sta ritrovando ‘la retta via’: merito di chi? “Al di là del fatto che lì ci sono grandi persone a dirigere il club, l’aspetto fondamentale a Udine é la capacità di saper aspettare e integrare nella mentalità italiana i talenti che vengono da fuori. Ricordo i casi di Gargo e Amoroso ai miei tempi: il primo é stato ben valorizzato, il secondo, di cui si conoscevano le qualità, é stato aiutato molto soprattutto all’inizio. Ho fatto sei mesi in camera con lui e ricordo quanto soffriva all’inizio: spesso avrebbe ceduto alla tentazione di tornare in Brasile. Poi ha fatto un paio di reti e tutto é passato”.
Capita che spesso i giocatori che a Udine si affermano poi non si confermino altrove: come vedi Inler e Armero a Napoli? “Anche io ho fatto il cammino Udine-Napoli e so quali sono le difficoltà ad adattarsi ad una piazza come quella partenopea. Ci son differenze abissali, é difficile inserirsi a Napoli. Penso che loro abbiano pagato questo genere di adattamento”.
Fonte: Udineseblog.
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