La quarta da titolare ieri, la terza volta in campionato. Era accaduto già con l’Udinese che Rafael partisse titolare e poi nella splendida ma inutile vittoria di Champions contro l’Arsenal. «Il problema è solo questo: mi piacerebbe davvero giocare di più ma per adesso mi accontento». Tanto da immergersi per alcuni minuti in una lunga preghiera, a fine gara, proprio sulla linea bianca della porta, rimasta inviolata con lui tra i pali.
Sul brasiliano il Napoli ha scommesso per il futuro. Poco tempo fa, quando un procuratore ha bussato alla porta di Bigon per proporgli un portiere impegnato ancora in Champions, il ds azzurro ha declinato l’offerta: «Grazie ma abbiamo in casa il numero uno per i prossimi dieci anni». Rafael lo sa, altrimenti non avrebbe vestito l’azzurro. Così come sa di avere dinanzi a sé un monumento di nome Reina.
«Con Pepe nessuna concorrenza, ci aiutiamo durante la settimana. In verità, è lui che aiuta me a crescere. È un piacere allenarmi con un campione simile, fuori dal campo lo spagnolo ha tanto da insegnare, mi trovo bene con lui. Inutile prendersi in giro, il titolare è Reina». Lo dice senza alcuna remora, con la sincerità di chi ha fatto patti chiari dall’inizio con il club: questa è la stagione della maturità, un percorso obbligato da seguire, tra un anno si vedrà anche perché quasi certamente Reina tornerà nella sua Barcellona.
«L’ambientamento è una questione tecnica, diciamo un’abitudine alle partite. Quando parlo di problema iniziale mi riferisco a quest’aspetto: ero abituato a giocare ogni gara, poi mi sono ritrovato per quattro mesi a scaldare la panchina. Farsi trovare pronto dal nulla è un’incognita soprattutto per noi portieri ma per fortuna sta andando bene, ora gioco con maggiore continuità»: non è una polemica, Rafael misura le parole con attenzione per esprimere il proprio stato d’animo. Quello di un giocatore che aveva paura di sbagliare e che ora sta ritrovando la sua abituale sicurezza.
«Sono giovane e quando a vent’anni sei abituato a fare il titolare, dopo diventa più complicato fermarsi e poi ripartire. In questa fase cruciale della mia carriera, è stato essenziale trovarmi in una squadra dalle ambizioni forti e lavorare al fianco di un collega di livello mondiale».
Una Juve così non si prende, meglio pensare solo al secondo posto? Rafale non ci sta: «Vogliamo vincerle tutte, magari indovinare un lungo filotto di successi come è già accaduto in questo campionato a bianconeri e giallorossi. Personalmente non mollo niente e non sono rassegnato all’idea che la Juve abbia già vinto lo scudetto».
Le sue prestazioni migliorano, cresce l’affiatamento con i compagni e il grado di fiducia con tutto il reparto difensivo: si sa che la principale dote di un portiere deve essere quella di trasmettere sicurezza. «Vi riferite a quel dribbling fatto a inizio gara? Non mi piacciono molto questi giochini e non ne faccio tanti, però quando ci vuole, ci vuole. Con gli altri difensori sto affinando l’intesa, giocando con maggior continuità non posso che migliorare. Potrei avere delle perplessità se penso che a vent’anni in Brasile ero titolare fisso. Ma se invece tengo bene a mente che vivo un campionato e una realtà più competitivi, allora non ne faccio un dramma e dico a me stesso: sono l’ultimo arrivato, soltanto adesso l’Italia mi sta conoscendo, c’è tutto il tempo per diventare un protagonista di questo calcio. E io voglio riuscirci con la maglia del Napoli».
Fonte: Il Mattino.
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