S’è preso il San Paolo, l’ha fatto suo. L’ha bloccato e portato al petto con quelle mani grandi che arrivano dappertutto. E si allungano verso il cielo prima e dopo ogni partita. Per pregare, per ringraziare Dio. La notte più dolce, come Rafael Cabral Barbosa non aveva forse neppure immaginato. Un coro tutto per lui. Nello stadio che canta e tifa solo per la maglia. Che stavolta però aveva il numero dietro, la 1 di Rafael. S’è esaltato il “goleiro” di Sorocaba. I sessantamila, il debutto a Fuoriogrotta e poi lui a bordo campo, l’idolo di quand’era ragazzino, il suo modello, Claudio Taffaerel, ora preparatore Dal San Paolo un coro tutto per lui. La sua preghiera in una notte da incorniciare. Ha scelto Napoli convinto dalla telefonata del tecnico: «Vieni, ti aspetto»dei portieri
del Galatasaray. Che se l’è guardato, l’ha ammirato e un po’ l’ha pure maledetto: Rafael ha parato tutto o quasi. La botta di Amrabat era imprendibile. Rafael la sorpresa annunciata. Due settimane di ritiro per stupire tutti, impressionare, confermare quel che si diceva di lui. E’ esplosivo, efficace ed è sempre piazzato. E poi ha spalle larghe, ha la personalità di chi ha dovuto parare i tiri maligni della vita, ed è dovuto crescere in fretta.
LA STORIA – L’uomo e il portiere sono diventati grandi presto. Per forza. Senza mamma, col papà che stentava a tirare avanti la famiglia e un talento evidente, già da prima squadra quand’era ancora sbarbatello. Rafael campione di Libertadores poco più che ventenne. Con Neymar compagno di squadra lanciato dalla sua area con un piede preciso da centrocampista. Erano entrambi le stelle del Santos campione di tutto. Neymar faceva gol, Rafael parava i rigori: la sua specialità. Ha già lanciato anche la sfida a Balotelli. Ha uno stile tutto suo: si sposta in orizzontale sulla linea di porta, lascia un angolo apparentemente aperto, ti confonde, ti ipnotizza. Spesso li para.
A muralha do Santos è ora il muro del San Paolo. S’era presentato a Dimaro con la serenità di chi è sicuro delle sue qualità. Senza paura, senza temere i paragoni coi grandi del passato (da Taglialatela a Castellini), senza subire mentalmente il confronto con chi poteva arrivare o è poi arrivato. Rafael l’erede di Julio Cesar. Il secondo in nazionale che è destinato a diventare primo. Storie parallele dei due mondi, col Brasile come col Napoli. Rafael “dodicesimo” col due pericolante: si giocherà il posto anche con Pepe Reina. Che ha più esperienza e sulla lavagnetta è il titolare. Ma non è il titolarissimo: i tempi sono cambiati.
Subito Rafael. Subito super Rafael. Cinque milioni di motivi per volerlo, strapparlo alla concorrenza di Roma e Inter e convincerlo che a Napoli poteva diventare davvero un numero 1. Era titubante Rafael, l’ha convinto Benitez con una telefonata. «Punto su di te, accetta e non te ne pentirai» . Cinque anni di contratto, poco più di un milione d’ingaggio e Xavi Valero, il preparatore, ad aspettarlo. Aveva già allenato Julio Cesar all’Inter: quando si mette il destino. Metodi nuovi, un calcio diverso e una città ancora da scoprire. Bruno Uvini è il compagno di squadra, l’amico, il traduttore e pure la guida per Napoli. Bellezze, sapori e profumi, tutto è da conoscere. Rafael un ragazzo felice. La saudade brasiliana respinta, San Paolo bloccato. E’ suo. Ce l’ha tra le mani.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
G.D.S.
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