Esserci o non esserci, non v’è dubbio nella scelta. E nel primo caso, naturalmente, è meglio esserci quanto prima. Meglio tornare a respirare l’aria locale (leggasi Castelvolturno), perché l’Inter incombe e dista ormai soltanto tre giorni. Rientrano tutti progressivamente, sono tornati di gran carriera anche Rafael ed Higuain, ed hanno ripreso ad allenarsi assieme ai compagni (il portiere ha anche disputato la partitina in famiglia: più facile per chi gioca nel suo ruolo scendere subito in campo). Per loro si prospettano altre tre sedute piene e, frattanto, c’è bisogno che smaltiscano al meglio cambi di abitudini e soprattutto fusi orari, poiché la sfida di domenica notte è di quelle particolarmente delicate. Il Napoli proverà a calare il poker di vittorie (fra campionato ed Europa League), con a rimorchio salde motivazioni e propositi, giammai accontentandosi di uscire soltanto indenne da San Siro. Perché è l’Inter, perché ora c’è Mazzarri dalla parte opposta, perché anche Benitez è un ex che dai nerazzurri non è stato trattato proprio bene (malgrado il mondiale per club vino), perché se ci sono residue speranze di agganciare il treno delle primissime, non è più possibile permettersi passi falsi.
LE MANI IN MANO. Se n’è stato così per due volte in questi giorni. Inoperoso, in panchina durante gli incontri del suo Brasile contro l’Argentina e il Giappone. Ma l’aria della nazionale non può non aver giovato a Rafael Cabral Barbosa, che il ct Dunga in effetti non ha mai perso di vista, pur accordando piena fiducia a Jefferson, portiere del Botafogo. Soddisfazione alle stelle anche per l’azzurro che non ha giocato contro l’albiceleste, ma ha poi posato sorridente col trofeo dell’amichevole vinta, pubblicando la foto su Instagram. Un pieno di fiducia che andrebbe conservato intatto in vista della prossima trasferta di campionato, perché a Milano non se ne potrà stare di certo con le mani in mano. Ma dovrà scendere in campo ancor più motivato e sicuro di sé, trasmettendo tali sensazioni all’intero reparto. Ecco quindi ciò che ci vuole. A Rafael in questi primi due mesi della nuova stagione, non è mancata tanto la tranquillità ma la sicurezza, la fiducia di essere tornato nel pieno possesso delle sue capacità, nonché possibilità. Poiché se lo scoglio (l’infortunio a Swansea superato a tempo di record), è stato durissimo da oltrepassare, è anche vero che il successore di Reina ha pregato e lavorato a più non posso per mettersi alle spalle una delle parentesi più brutte di tutta la carriera. C’è riuscito? Probabilmente non del tutto. Tenuto conto che il Rafael sin qui visto ha dato idea di essere sulla buona strada, ma non ancora in grado di mantenere concentrazione ed anche esplosività ai massimi livelli per un intero match. Ne è infatti scaturito qualche svarione soprattutto nelle uscite, qualche indecisione che poteva costare ancor più cara (vedi Torino). Niente di non rimediabile, per carità. Allenarsi e giocare, ecco la giusta ricetta per ritrovarsi.
HANDANOVIC. Sfida a distanza (di 100 metri) col pararigori nerazzurro che è in piena involuzione assieme a tutta la squadra, tecnico compreso. Ne ha dovute raccogliere dalla rete ben sette in due partite e ci ha messo pure del suo in più occasioni (con la Fiorentina incerto su Babacar e Tomovic). Tanto da non essere più considerato l’inamovibile pilastro della difesa. Un po’ d’intreccio pure non guasta: l’idea-Samir era passata per Napoli quando c’erano ancora Mazzarri e De Sanctis, mentre l’Inter aveva provato ad assicurarsi il successore di Julio Cesar, già prima che lo stesso passasse al QPR. Ma poi, al dunque, fece prima il Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
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