«Macchina vecchia»: quelle parole le ronzano in testa. Più ci pensa e più aumenta il rammarico per la rinuncia alle Olimpiadi di Londra per l’infortunio al ginocchio. Antonietta Di Martino trattata come un rottame. E lei rompe il silenzio: «È successo in tante altre occasioni di prendermi la colpa per evitare polemiche, ma stare zitti ha portato l’idea che io fossi stupida oppure che “tanto la ragazza incassa e porta a casa”. In questa situazione proprio no. Poi, la “macchina vecchia”, come sono stata definita, spesso ha salvato le sorti dell’Italia. Ma si sa che quando non servi più…».
Rabbia, delusione, orgoglio ferito e quel sogno scippatole sul più bello sono peggio di un brusco risveglio. Un incubo a occhi aperti e lo racconta attraverso Facebook. «Non sono una che parla per il gusto di lamentarsi. Il dottor Benazzo mi ha aiutato tante volte e gli sono riconoscente. Ma quando ci è stato chiesto quale era il problema al ginocchio non potevo di certo dire che mi sono data una martellata». A fare lo sgambetto ad Antonietta tante circostanze sfavorevoli che lei spiega così: «La prima cosa che ho avvertito saltando a Tenerife è stato uno schiocco fortissimo che ancora sogno di notte e ho anche i testimoni che erano lì con me. Ho insistito tanto su questa cosa e durante questi due mesi e mezzo ho sempre avuto gli stessi dolori, a parte la lesione che poi è guarita. Non ho sentito nessun altro rumore o schiocco dell’articolazione allenandomi, altrimenti mi sarei fermata». Poi la conclusione amara. «Tante sono le cose vecchie che dovrebbero essere cambiate e sicuramente una non sono io».
Mercoledì le accuse del marito-allenatore, Massimiliano Di Matteo, alla Fidal poi la replica del prof. Franco Benazzo che l’ha operata: «L’infortunio si era risolto, la Di Martino si è presentata con un nuovo problema, la rottura del menisco che non si poteva risolvere entro le Olimpiadi». Opinione appoggiata del responsabile dello staff medico Giuseppe Fischetto: «Condivido in pieno e do il mio sostegno al lavoro svolto dal dottor Benazzo». Anche il presidente Arese si è intanto affidato a un comunicato: «Da ex atleta, so cosa significa abbandonare un sogno. La Di Martino è un punto di riferimento per l’atletica italiana».
Non è un buon periodo per la Fidal. L’affaire Di Martino è scoppiato a pochi giorni da quello Andrew Howe, reduce da un infortunio ed escluso dalla lista per Londra perché non è riuscito a scendere sotto i 20”65 nei 200 nell’ultimo meeting. «Senza il vento contrario li avrei corso sotto – è il suo sfogo – meritavo maggior rispetto». Ma la linea federale era conosciuta. «I criteri erano chiari – sostiene il dt dell’Italia, Francesco Uguagliati – e so bene cosa Andrew rappresenta per il movimento, ma fare eccezioni sarebbe stato impossibile. Per far parte della 4×100 avrebbe dovuto partecipare a due raduni a Formia e al test di Montecarlo».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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