SASSUOLO, SOLO UN EPISODIO? – L’inatteso pareggio interno contro il fanalino Sassuolo aveva fatto storcere qualche bocca, soprattutto a chi già pregustava il record di cinque vittorie nelle cinque gare iniziali di campionato. In sede di analisi tattica avevamo già sottolineato le lacune emerse, e soprattutto quelle già lasciate trasparire nella pur vittoriosa trasferta milanese. Nelle ultime due uscite, infatti, il Napoli era venuto meno nelle sue doti da “marchio di fabbrica” (stampato di fresco da Benitez): il pressing e il baricentro alti, la vocazione offensiva, e soprattutto una precisione nei passaggi che, stando alle statistiche, mette il Napoli al primo posto della Serie A. Contro Milan e Sassuolo le suddette caratteristiche erano state contraddette da un gioco troppo attendista (specie a Milano) e da un’insolita difficoltà a costruire manovre efficaci, con diversi errori in eccesso in fase di impostazione. Un cambio di rotta occorreva non solo per mantenere viva la posizione in classifica nelle zone di vetta, ma anche per dimostrare che il nuovo Napoli ha già maturato una sua identità e che è quella vista nelle prime tre partite di campionato e contro il Dortmund in Champions.
PANDEV E ZAPATA DAL 1′ – Benitez aveva giurato: non è colpa del turnover e si continuerà su questa strada. Detto, fatto: fuori Hamsik e Higuaìn, dentro Pandev e persino Zapata, all’esordio assoluto. Si parta da quest’ultimo: il colombiano ha giocato da boa, aprendo spazi e stancando la difesa avversaria, e questo lavoro lo ha fatto a dovere; per il resto, ha toccato poche palle, perché poco servito, e in verità quelle che gli sono arrivate le ha gestite in modo un po’ grossolano, senza pungere. Ma è presto per giudicare, servono altre occasioni. Capitolo Pandev: il macedone, dopo l’esperimento fallito come esterno d’attacco, è tornato al centro come seconda punta, e lì ha dimostrato di sapersi divertire e saper far male. Una doppietta, prima ancora un contropiede sprecato per poco, vari palloni giocati e quasi tutti nel modo migliore. Una bella soddisfazione. Come quella di Zapata, finalmente titolare, a dimostrazione che con Benitez tutti hanno una chance.
MATCH SOTTO CONTROLLO – C’era da dimostrare un cambiamento, o meglio un ritorno a se stessi, e così il Napoli è partito forte a Genova: pressando, attaccando gli spazi e manovrando con buono spirito offensivo. Trascinato anche da un Insigne, almeno nel primo tempo, ben ispirato, prima di calare nella ripresa. Anche il Genoa è partito bene e se con il passare dei minuti ha faticato a rendersi pericoloso, è stato merito del Napoli, che dopo 25′ era già 2-0 e gestiva il vantaggio con ordine. Liverani, che in questi minuti ha ufficialmente perso la panchina, le ha tentate tutte: il 3-5-2 è diventato progressivamente un 4-2-4, ma il Napoli ha arginato ogni assalto, pur con qualche affanno di Britos e Cannavaro su Gilardino (meglio quando c’era Albiol, che dà molta sicurezza al reparto). I padroni di casa, infarciti di ex-azzurri, hanno conquistato lentamente un netto vantaggio territoriale, ma non hanno mai impensierito realmente Reina. C’è da riflettere soprattutto sull’impiego contemporaneo di Calaiò e Gilardino, due doppioni nel ruolo che si pestano un po’ i piedi. Ma è un problema che dovrà risolvere il successore di Liverani, Gasperini, che torna a Genova dove è già stato diversi anni.
RISCATTO E CONFERME – Sul piano quantitativo, il Napoli non ha dominato. Ma pur cedendo il campo al Genoa, ha tirato di più ed è stato più pericoloso. Per il resto, pur quando ha subito, non ha corso gravi rischi e ha fatto valere il maggior tasso tecnico. Dal punto di vista tattico, interessante la posizione di Callejòn e Insigne: lungo la trequarti hanno giocato a tutto campo, variando da destra a sinistra, come provato quest’estate; ma la novità è stata che più di una volta si sono “inseguiti” sulla stessa fascia, per creare superiorità numerica e soprattutto tecnica (si era notato come Mesto non garantisse quell’apporto qualitativo utile a dialogare con Callejòn). Per compensare, si sono visti esterni ancora un po’ bassi rispetto al Napoli spavaldo di inizio settembre, e una manovra meno arrembante. Ma sono tornate precisione e qualità, e un certo cinismo. Sì, perché se il Napoli ha concesso c’è anche un motivo: ci sono tre competizioni in gioco e si vuol far bene in tutte. Squadre come Inter e Roma stanno andando al massimo, ma le loro prestazioni sono favorite dall’assenza di impegni europei. Benitez, invece, deve dosare al meglio le forze: bisognava vincere a Genova ma anche conservare il meglio per Londra, sponda Arsenal, dove si scende in campo già martedì. Per ora il pareggio contro il Sassuolo è arrivato, il tour de force termina in Inghilterra e lì ci sarà l’ultima risposta su questo “primo giro” del Napoli del futuro.
A cura di Lorenzo Licciardi
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro