Siamo ancora in tempo. C’è margine per smentire le previsioni più funeste. E forse dovremmo partire da un numero, prima di tutto: i mille uomini fra forze dell’ordine, bodyguard e steward che presidieranno lo stadio San Paolo di Napoli. C’è qualcosa di sproporzionato, di fuori misura in un dato simile, ma abbiamo perso di vista da troppi anni ciò che in uno stadio dovrebbe essere “normale”. Se siamo arrivati qui, al punto da non trovare straordinarie certe misure, è forse perché abbiamo smesso di farci da anni le domande fondamentali. Che cosa vogliamo che sia una partita di calcio? Anche la più tesa e decisiva delle partite non dovrebbe mai blindare un’intera città, come fosse pronta a una guerra. E invece accade questo da decenni, e la cosa peggiore è che diamo per scontato che debba essere così. Può essere scontato che una squadra di Roma sia costretta a raggiungere Napoli in volo? Nonostante tutto questo, siamo sempre in tempo. Oggi, siamo ancora in tempo. A spostare tutta la nostra attenzione, tutta la nostra passione unicamente sul campo di gioco, a pensare che si vince lì e non fuori, che sono due squadre a fronteggiarsi e non i rancori di una e dell’altra tifoseria.
Ripartiamo da qui, da una corrente di simpatia o di complicità che tra Roma e Napoli – le due città – in fondo c’è sempre stata, luoghi messi vicini dalla geografia e dalla storia. Da molti tratti caratteriali e spesso dagli stessi eterni e complessi problemi. Ripartiamo, volendo, dalla simpatica “pizza per la pace” proposta l’altro ieri sera da un pizzaiolo in un ristorante sul lungomare di via Partenope. O da Dino Viola che in un match di trent’anni fa dice scherzando a Maradona che di solito a fare scintille insieme sono altre tifoserie, più a nord di Roma e Napoli. Ripartiamo dalle parole di buonsenso della madre di Ciro: “Vorrei ascoltare solo inni, cori e canti di gioia per la vostra squadra del cuore. Se volete, potete anche farne alcuni per Ciro, perché lui vive in voi, in me”.
Ripartiamo dai 2500 bambini che comunque dovrebbero essere presenti allo stadio: fosse anche solo per loro, la partita non può, non deve essere altro che una partita. Siamo ancora in tempo. Perché Napoli-Roma di oggi sia ricordata per la sfida fra le squadre in campo, per lo slancio dei giocatori, per la passione dei tifosi, per il risultato, e per la “normalità”, la splendente normalità di una grande partita. Proviamo a stupirci davanti a un clima diverso da quello che in questi mesi si è preparato: improvvisamente sereno, e fino in fondo sportivo.
fonte: Corriere dello Sport
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