Chi ha visto Lavezzi lanciato verso la porta con la Fiorentina ha intuito che era troppo veloce rispetto agli altri, anche a se stesso, e ha rischiato di non segnare. Poi ha calciato e tutto è tornato alla normalità. Ma per un attimo è stato più veloce del pensiero stesso di lanciarsi verso la porta avversaria. Sembrava Jannacci, che è sempre in anticipo sui propri pensieri, e soprattutto Eduardo che aveva un tempo tutto suo. Per me Eduardo è irrappresentabile oltre se stesso, nessuno può avere il suo tempo dilatato (nel presente), come nessuno ha il tempo dilatato (in avanti) di Lavezzi.Le sue partite sono come i viaggi di “Doc” Emmett Brown della serie “Ritorno al futuro”. Avanti e indietro nel tempo. Con lui sembra di avere, oltre l’Hd, l’asincrono di Ghezzi che da “Fuori orario” è arrivato in campo. Lui corre, gli altri vanno al rallentatore. Magari non tutti ci fanno caso, ma Lavezzi in alcuni momenti della partita porta il tempo fuori dai cardini, in un senso o nell’altro (“The time is out of joint”, il tempo è uscito dai cardini – Amleto primo atto, scrive Shakespeare). C’è un eccesso di velocità che spinge il calciatore fuori da tutto, al punto di sembrare elastico, e infatti, quando non gioca il Napoli pare muoversi in collegamento satellitare. Quando, invece, è in campo, ed è in grado di reggere “il peso del tempo”, la squadra ha una velocità superiore, e in alcuni momenti riesce persino a rendere presente quella di Lavezzi, anche solo per tre minuti, lui si asincronizza, se ne va, si estranea e crea un nuovo mondo e una nuova partita e un nuovo tempo. Ovvio, non è cosciente di questo, come i Beatles prima di battere Gesù in popolarità o Springsteen con Reagan. Per dire, la velocità di Sanchez, che se la gioca con Willy il coyote col carico di finte di Ronaldo, è comunque ordinaria e soprattutto in sincrono con la sua squadra.Guardandolo non si ha visione dell’uscita dal tempo, ma solo di una accelerazione di questo, una velocità compatta e costante. Con Lavezzi no, la differenza salta agli occhi, proprio come quella tra bufalo e locomotiva. Sotto porta risulta indecifrabile, se pensa sbaglia, se va a istinto centra, se rallenta: finisce tutto. Il gol a Firenze è nato da una palla che stava per smarrirsi sopra la sua testa, era il 92esimo, un calciatore normale che ha il senso del tempo è stanco, lui no, la sua velocità rischiava di scavalcare il pallone. Parte dalla sua metà campo, senza affanno, scavalca Salifu prima e Nastasic dopo, e con un gesto di retroguardia, il piede destro: rimasto nel tempo normale, rimedia, segnando alla sinistra di Boruc. Gol, finalmente. Sembra che la porta sia il non tempo, con cui ha un conflitto, e non sempre vince. Lavezzi è uno dei pochi calciatori che è un incontro di più tempi e quindi di più velocità. Un suo simile è Federer che fa cose semplici a velocità impensabili. Lavezzi è un supereroe impacciato: un uomo ragno che precipita d’improvviso per poi riuscire a dondolarsi tra i grattacieli, un Mandrake alle prime armi, qualche volta controlla la sua velocità, altre no. Spesso è vittima di questa speditezza, e ne ha pagato anche le conseguenze, in moltissime partite, anche nella stessa di Firenze: in passato critici e tifosi hanno espresso perplessità sul calciatore argentino per lo scarso numero di gol, proprio perché non conoscono le sue difficoltà con la variabile t, pari alle cattive, involontarie, frequentazioni fuori dal campo. Sbaglia, inciampa, cade. Si rialza e rimane come tutti quelli che non si spiegano al presente. Che vivono il tempo come una disavventura. Estraneo. Ogni campo una dimensione, ogni partita un tempo da violare. A volte in sincrono, a volte no. Perso dietro l’Alice di Carroll.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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