Affinato e raffinato. Il fisico e i piedi. Questione di allenamenti. Diversi. Corsa, sudore e fatica per buttare giù quei chili di troppo con cui s’era presentato. S’è messo di impegno. E la bilancia ne ha certificato lo sforzo: Zapata dimagrito. Affinato. Poi però pure raffinato. I piedi stavolta. Anzi, il piede, il destro. Il suo naturale. Ore e ore di allenamento col pallone. Quello che una volta era il muro di Soccavo, è ora una doppia parete obliqua a Castelvolturno. Il pallone rimbalza “pazzo” migliorando la mobilità, l’intensità e soprattutto la sensibilità del tocco. Zapata il volenteroso. Gli altri a fare la doccia, lui (e Radosevic) a tirare pallate. Risultato evidente. Si è raffinato. Che un po’ fa rima anche con migliorato. E perciò pure con confermato. Il dubbio è ormai una certezza. Le pretendenti si rassegnino pure. Zapata non è sul mercato, parola di De Laurentiis: «Sarei matto se lo lasciassi partire» . Udinese, Sampdoria, Chievo, Hellas e Torino. E così all’estero. Zapata non si muove. Anzi, Duvan. Eh sì perché il colombiano affinato e raffinato è anche stato ribattezzato. Volontà presidenziale. Quel nome che in spagnolo significa scarpa(one), proprio non gli andava. Sono già troppi i personaggi con questo nome, e lui, Duvan, doveva essere diverso, unico, esclusivo. Duvan e basta quindi. Duvan dietro la maglia numero 91, l’anno di nascita. E’ giovane, e però già cresciutello. Papà, marito e ragazzo maturo. Zapata colombiano atipico. Silenzioso, riservato, quasi malinconico. Unica concessione, la musica caraibica, il ballo e qualche dolce passo di danza. Per il resto è pigro. Non esulta neanche quando segna. E’ fatto così. Quelli di Balotelli sembrano silenzi tormentati, i suoi rilassati. Sette gol stagionali, quasi uno a partita recuperi compresi. Due le doppiette, a Catania e col Verona. E’ a Marsiglia che è però cambiata la sua stagione. Zapata il brocco diventò un cigno. E volò con quel destro all’incrocio. Una crescita continua, costante. L’area di rigore il suo spazio. Si aggira, fa a spallate, sgomita, lotta, allunga il gambone e la testa. E spesso ci arriva. Le palle vaganti sono le sue. In scivolata col Porto, pronto sulla respinta del portiere con la Samp, lesto al Massimino, anche bello da guardare l’ultima in casa al San Paolo contro il Verona. L’aggancio, il controllo, torsione in un ciuffo d’erba e pallone, con l’altro piede, il sinistro, all’angolo. Zapata non si tocca. Quella che era una valutazione da approfondire è una decisione presa. L’aveva segnalato Mauricio Pellegrino, vice di Benitez all’Inter e suo allenatore dell’Estudiantes di La Plata. «Prendetelo, è forte». In Argentina lo chiamavano “perla negra”. Da affinare e raffinare. Continuerà a farlo a Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
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