La finale vide a lungo in vantaggio i sovietici: a fine primo tempo conducevano di 5 punti, che nel secondo tempo diventarono anche 10. Gli statunitensi riuscirono però a rimontare, fino a a portarsi ad un solo punto di distacco a 38 secondi dal termine.
A 10 secondi dal termine lo statunitense Doug Collins intercettò un lungo passaggio di Aleksandr Belov, riuscendo così a involarsi in contropiede verso il canestro. Il tentativo di Collins fu fermato dal fallo di Sakandelidze, che gli consentì di tirare due tiri liberi; Collins realizzò entrambi i tiri, portando per la prima volta in vantaggio gli Stati Uniti per 50-49.
L’Unione Sovietica effettuò allora una disperata rimessa in gioco con 3 secondi residui, che finì nelle mani dei giocatori statunitensi. Nel mentre, l’allenatore sovietico Vladimir Kondrašin era di fronte al tavolo degli arbitri reclamando in maniera molto accesa un time-out; a quel punto l’arbitro brasiliano Renato Righetto fischiò interrompendo il gioco, a un secondo dal termine. Kondrašin reclamava l’assegnazione di un time-out richiesto, a suo parere, durante i tiri liberi effettuati da Collins; la decisione dell’arbitro Righetto fu quella di far ripartire il gioco con una nuova rimessa sovietica, e un solo secondo da giocare.
Fu pertanto effettuata una seconda rimessa: la sirena della fine del tempo suonò dopo un secondo e gli americani iniziarono a festeggiare. A quel punto intervenne il segretario generale della FIBA, il britannico Renato William Jones, il quale ordinò (pur senza averne il diritto) di effettuare una terza rimessa gioco e ripartire da 3 secondi perché, nel momento in cui i sovietici avevano ricominciato il gioco, il cronometro non era stato resettato a 3 secondi, ma mantenuto a un secondo.
Questa volta il giocatore Ivan Edeško effettuò un passaggio lungo tutto il campo per Aleksandr Belov, che da sotto canestro segnò i punti decisivi della vittoria sovietica, con il punteggio di 51-50. Gli USA sporsero un reclamo che fu rigettato per 3 voti a 2; per protesta, i giocatori statunitensi non si presentarono alla cerimonia di premiazione per ricevere la medaglia d’argento. Le medaglie riservate ai cestisti statunitensi non vennero mai ritirate; nel proprio testamento Kenny Davis scrisse esplicitamente che i propri eredi non avrebbero mai dovuto accettare la medaglia, neanche dopo la sua morte.
Fonte: Il Napolista.it
La Redazione
M.V.
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