Il presidente della Lega calcio, Beretta, ha scritto alla Federcalcio per chiedere ufficialmente di cambiare le norme che regolano le sanzioni per discriminazione territoriale dopo la chiusura dello stadio Meazza per Milan-Udinese. «Va rivisto il sistema sanzionatorio», ha sottolineato, probabilmente perché è stato colpito un club potente che si sente “vittima” dei tifosi che hanno cantato «Noi non siamo napoletani» a Torino. Non sono, per caso, gli stessi che durante Milan-Napoli hanno urlato di tutto ed esposto striscioni offensivi, bissando lo squallido show durante Milan-Samp, stavolta dall’esterno dello stadio perché la curva era stata chiusa dal giudice sportivo?
O gli stessi che sono stati ricevuti nel ritiro di Milanello dai giocatori e da Allegri, che arrivò a definire «sfottò» i cori razzisti contro i napoletani?
Non si capisce perché il presidente Beretta non abbia chiesto la revisione delle norme dopo Juve-Napoli del 20 ottobre 2012, ad esempio. Dalle tribune del magnifico Juventus Stadium scaricarono vergognosi insulti sui napoletani, mostrando alle comitive di tifosi azzurri sacchetti della spazzatura: la Juve venne punita con la multa di 7mila euro, non con la chiusura di una curva o dell’intero stadio. Il sistema sanzionatorio, come ha detto il presidente del Coni Giovanni Malagò, è questo e i club devono rispettare le regole. Cosa sarebbe accaduto se fosse stato chiuso lo stadio di Verona o Bergamo? Sarebbe stato così elevato il livello di indignazione?
C’è un’abitudine, tutta italiana, di lamentarsi per gli eccessi di una sanzione solo dopo averla subita. Perché non esaminare il faldone delle Noif (Norme organizzative interne federali) prima dell’inizio della stagione? È legittimo che il Milan ritenga eccessiva la chiusura dello stadio per il coro «Noi non siamo napoletani», ma davanti a quanti cori – a Milano o in altri impianti, quasi sempre contro Napoli e i napoletani – la Procura federale ha spesso chiuso occhi e orecchie, non facendo scattare dure sanzioni.
Il vero problema non è la revisione delle norme, perché è tutto migliorabile, ma è la reazione che hanno avuto i capi delle curve di tutta Italia: hanno espresso «solidarietà» ai milanisti, diventati amici anche quando non lo erano, e gli interisti sono arrivati a lanciare la provocazione di fare cori ed esporre striscioni per far chiudere tutti gli stadi. I gruppi delle curve del San Paolo hanno risposto con ironia, per ora, alle offese. L’urgenza del calcio italiano è evitare che i club finiscano sotto ricatto: un coro, uno striscione, un razzo e ti faccio chiudere lo stadio. Ci sono dirigenti che hanno avuto la forza di denunciare certe manovre, da Lotito a De Laurentiis, che sette anni fa si presentò alla Procura di Napoli dopo l’interruzione di una partita di serie B al San Paolo per lancio di petardi. I signori del pallone abbiano la forza e la maturità di guardare oltre il recinto del loro campo, aperto o chiuso che sia.
Fonte: Francesco De Luca per Il Mattino
La Redazione
M.V.
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