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Pronto per la nona stagione in azzurro: “Lunga vita a Gianluca Grava!”

Ha preso il volo per il Trentino, lo aspettano il ritiro e la firma del contratto

Il mattino ha l’oro in bocca: e la prova del nove, all’alba dell’undici luglio, conferma che gli antichi adagi reggono su fondamenta autentiche, pilastri di saggezza che offrono granitiche certezze. Stamani è un nuovo giorno: e svegliarsi da «capitano non giocatore» è una sensazione accecante, un fascio di luce che illumina il cammino – il passato, il futuro – e trascina Gianluca Grava nell’estasi più pura. Si gioca, si corre, si vaga verso chissà quali mete: e sarà un piacere esserci, ancora una volta, per la nona stagione consecutiva, alla faccia dell’età e d’ogni pregiudizio, in quel campo di Dimaro che pareva irragiungibile e invece è a portata di piede.

FATTA– Ora che si può dire, che la gioia può tracimare dalla scaletta dell’aereo che lo conduce in Trentino al fianco d’una squadra cresciutagli intorno, la firma sul contratto annunciata via etere da De Laurentiis è il premio fedeltà a un (eterno) ragazzo che non osa chiedere mai e che s’è rifugiato nel profilo basso facendone una scelta di vita. Il «nono» Grava, quello che in realtà non t’aspetti, è l’istituzione silente e però carismatica alla quale Mazzarri ha voluto venisse riconosciuto tangibilmente il senso di gratitudine d’un club che in quel «soldatino» in realtà ritrova un leader, la mano amica capace di guidare nella tempesta, il concorrente leale che stimola, il jolly per qualsiasi evenienza, a destra o a sinistra, su uno sgusciante o su un pachiderma, su chiunque serva vigilanza stretta.
CHE FENOMENI!– Dal Lanciano a Dimaro, è una favola meravigliosa che Gianluca Grava potrà continuare ad arricchire d’emozioni e d’ansia, di stress prepartita e di felicità o di rabbia del post-gara, osservi o giochi, perché lui si sente parte integrante: il nono capitolo, probabilmente l’ultimo (ma ci giurereste voi?), è la medaglia appuntata al petto dopo centocinquantacinque sfide di campionato, tredici di coppa Italia, otto tra Intertoto, Europa League e Champions e un album che offre altre pagine in cui andare comunque a infilare ulteriori foto. Gennaio 2005, quando tutto ebbe inizio sembra lontanissimo, molto più di quanto realmente non lo sia, perché in mezzo c’è un oceano di ricordi: lo spareggio perso ad Avellino; poi la cavalcata con Reja che prima conquista la serie B e poi, di slancio, si ritrova in serie A; e subito la qualificazione europea; e poi lo scudetto accarezzato a lungo nel duello a distanza quasi ravvicinata con il Milan; e quel terzo posto che vale la coppa dei Campioni – si diceva così, quand’era ragazzo – e che lui annusa, anzi respira, anzi vive in Spagna, nella notte della qualificazione agli ottavi di finale, in casa del Villarreal, quando Mazzarri, a conferma di un affetto straripante, gli concede la vetrina e la presenza; e con tutti quei fenomeni visti da vicino e pure fermati, si chiamassero Ronaldinho o Del Piero, Mutu e persino Ibrahimovic, una volta, incrociato per necessità.
LONGEVITA’– Mica poteva finire così, il 10 luglio del 2012, a trentacinque anni, con il Napoli che si mette in viaggio senza il suo centro di gravità permanente? Il contatto (vano) in realtà è un contratto (vero) che rimette immediatamente Grava in maglia (azzurra) e lo obbliga a correre dietro a se stesso, alla sua memoria: il Napoli gli resta incollato alla maglia numero 2, impossibile levargliela di dosso. Non c’è riuscito il destino, che nel gennaio del 2011, appena un anno e mezzo fa, sembrava essersi messo di traverso: lesione al crociato anteriore del ginocchio sinistro: undici mesi a soffrire e poi di nuovo in campo, al fianco di Mazzarri, mostrandogli riconoscenza in campo e rispondendo come sempre presente a modo suo. Si riparte da Dimaro, con un sorriso stampato sulle labbra e la certezza d’avercela fatta ancora grazie a se stesso: è la storia di Grava che continua, è una storia infinita.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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