Invece di scappare verso casa, sono rimasti negli spogliatoi a chiedersi perchè avevano perso. Questa immagine, questo nuovo e forte senso di appartenenza, è piaciuto molto a Prandelli, il secondo ct-allenatore della storia della Nazionale. Il primo era stato il suo maestro Sacchi. «Mi è piaciuta la reazione, in campo e dopo. I giocatori stavano lì a discutere sulla sconfitta» . L’orgoglio di Prandelli è questo: «La Nazionale è come un club. Abbiamo margini di crescita,
ha detto all’Ansa. Forse ci siamo dimenticati da dove siamo partiti, ma noi all’Europeo vogliamo giocarcela con tutti» . Al progetto che aveva in mente nell’agosto del 2010 manca poco per essere ultimato. «Ci manca un metro, un solo metro, per diventare una squadra vera, una grande squadra».
MANCA LA COPPIA – Manca un metro, dice Prandelli. Un metro che, declinato in un concetto di calcio, può diventare un giocatore. Più precisamente un attaccante, quello che dovrebbe legarsi a Mario Balotelli.
In queste due partite Cesare cercava la coppia, invece si è ritrovato un leader, giovane, sfrontato, ma anche più maturo di quanto si poteva immaginare. Balotelli è il giocatore che non avevamo, è quello che strappa la partita, che si approffitta della sua esuberanza fisica e atletica, che mette sul campo una personalità indisponente per gli avversari. Per accorciare i tempi di spiegazione, molti lo accomunano a Cassano in una sorta di bad-boys ma non è così. Sono diversi, sia in campo, che fuori. Cassano gioca spesso in funzione di qualcun altro, fosse Totti, fosse Pazzini, fosse Ibrahimovic, evita di prendersi la responsabilità finale del tiro, della ricerca del gol, la sua specialità è l’assist perché così non è lui a sbagliare. La specialità di Balotelli è caricarsi sulle spalle la squadra. Lo fa anche Pirlo, ma in modo diverso: dove lo juventino mette la consapevolezza del ruolo, Mario mette l’incoscienza, l’esuberanza, la sfrontatezza. Gli viene tutto
naturale, c’è poco di pensato e quasi niente di costruito nel suo gioco. Sbaglia contento di sbagliare, perchè deve essere lui al centro del gioco, il terminale di un’idea. Concede agli altri il suo talento, ma tiene per sè la parte più importante.
CON GIOVINCO – Alla vigilia di Polonia e Uruguay, Prandelli aveva in testa una coppia interessante: Giovinco-Balotelli. Poi il primo si è fatto male ed è tornato a casa. Sarebbe stato importante vederli uno accanto all’altro, come l’articolo «il», il più basso e il più alto fra tutti gli attaccanti italiani. Così a Wroclaw e poi a Roma il gioco delle coppie ha funzionato poco. Balotelli-Pazzini si sono trovati raramente, anche perché l’interista è il centravanti più puro fra quelli nel giro azzurro, cerca la profondità e non sa abbassarsi, come facevano Cassano e Rossi (e come fa il ragazzo del Manchester City), sulla linea dei centrocampisti per giocare palla a terra. Quando è entrato Matri, sia in Polonia che contro l’Uruguay, la Nazionale giocava col 4-3-3, con Balotelli largo a sinistra: a Wroclaw bene, a Roma no. Matri non ha convinto al cento per cento. Di questo trio di «spalle», forse il giocatore più adatto è Osvaldo, ma nel suo stadio si è perso, ha sbagliato un po’ di movimenti, puntava sull’errore del marcatore (errore mai commesso), sembrava frenato e ora va rivisto.
Per il gioco che Prandelli ha dato al club azzurro la coppia migliore è Balotelli-Cassano, curiosamente la stessa (con Amauri centravanti) da cui il ct era partito la sera d’agosto a Londra contro la Costa d’Avorio, all’inizio dell’avventura in Nazionale. Il suo sogno, la sua speranza, è quella di rimetterla insieme al prossimo Europeo. Nel frattempo toccherà a Giovinco raggiungere il livello di Cassano.
La Redazione
P.S.
Fonte: CdS
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