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Pomigliano riabbraccia Piccolo, giramondo del pallone

Partito dai campetti di periferia, il difensore (in scadenza di contratto col Cluj) ripercorre, senza peli sulla lingua, la sua affascinante carriera

I campetti dell’Alfa, la Rapid Pomigliano, Bologna sponda Granarolo (da adolescente), poi Torino (quella bianconera), Lucca, Como, Empoli, Reggio Calabria, la Roma biancoceleste, Verona (sponda Chievo) ed ultima, ma non ultima, la Transilvania. Felice Piccolo (clicca qui per l’intervista esclusiva rilasciata ad IamNaples.it), un nome che più pomiglianese non si può, di campi ne ha calcati a iosa e di posti diversi, vissuti veramente tanti. Lontano da casa “per scelta” sin dalla tenerissima età, alla soglia della maturità calcistica e non (compirà 31 anni il prossimo 27 agosto) ha risentito forte dentro di sé il richiamo della terra natìa e questa ha risposto con un caloroso abbraccio.

Amici, partenti, ammiratori (Pomigliano è un dolce ibrido tra il paese di provincia e la cittadina alle porte della metropoli) e l’amministrazione locale, hanno ospitato Piccolo in un incontro del progetto “SerEstate a Pomigliano”, mediato dal collega Salvatore Alligrande. Spazio ad aneddoti dal clima gioviale e celebrazioni alla squadra locale, campione di coppa Italia di Serie D in carica (per l’evento, è stata invitata una rappresentanza del Pomi) ma anche a ‘massime’ condite dalla solita schiettezza e libertà intellettuale che hanno sempre contraddistinto il difensore “made in Juve”. C’è spazio per la sua carriera, quello che sarebbe potuto essere, quello che è stato, il desiderio di vestire la maglia del Napoli ed i problemi del nostro calcio rapportati alle oasi felici dell’estero.

“Ricordo che da piccolissimo, io come tanti miei conterranei, avevo pochissime possibilità a livello logistico e di aggregazione. Forse in quel panorama, lasciare casa e cercare fortuna altrove, è stata una scelta saggia. Ora, però, dopo aver visto un bel po’ di realtà diverse da quella napoletana, ammetto che casa, la famiglia e le amicizie storiche mi mancano molto. Qui l’affetto della gente, e non mi riferisco al mero calcio, ha qualcosa di unico, che è quasi impossibile trovare altrove.” 

piccolo pomigliano copia

Dopo cinque onorate stagioni in Transilvania, il cuore storico ed allo stesso tempo l’epicentro della rinascita della Romania, forse, Piccolo si riavvicinerà a casa. “Arrivai a Cluj dopo una chiamata di Mandorlini. Dovevo ‘aiutarlo’ qualche mese e, al contempo, rimettermi in sesto dopo qualche acciacco: il fatto che ci sia rimasto tutto questo tempo la dice lunga. Lì il clima è gioviale, le strutture valide, la cultura sportiva spiccata. Anche se perdi, di domenica sera, puoi condurre una vita normalissima. Qui, ovviamente non è così. Noi italiani abbiamo grandi patrimoni, calcistici e non , ma dobbiamo scendere dal piedistallo.”

Ricollegarsi alla Nazionale-fallimento del Brasile è quasi obbligato: “Crediamo ancora di essere i migliori nel calcio, ma le cose sono cambiate. Non capisco perché un giocatore come Criscito non sia stato chiamato. Forse perché gioca in Russia, ma allo stato attuale delle cose non credo che la Serie A possa essere considerata superiore al massimo campionato russo. De Rossi? Sono stato suo capitano in Under 21 e condivido pienamente il suo pensiero. In Nazionale ci vuole fame, bisogna essere uomini ed interpretare al massimo il proprio mestiere. Nei miei trascorsi alla Juve, dove ho avuto l’onore di potermi allenare e giocare con calciatori del calibro di Del Piero, Nedved, Camoranesi e via discorrendo, ho capito che l’umiltà è alla base di tutto. Personalmente non ho avuto la fortuna di giocare in Nazionale, ma ho fatto tutta la trafila delle varie Under. Beh, sentire l’inno ti dà una carica spaventosa, basta solo quello a farti sentire orgoglioso e voglioso di dare il massimo. A questo punto tiferò per il Brasile, dove tanta gente povera concentra nel calcio la gioia che, quotidianamente, le viene tolta.”

In Brasile, Piccolo c’è stato fino a pochi giorni fa, in tournée col Verona di Mandorlini. “Ma ciò non vuol dire che tornerò in Serie A. Non ho questo assillo. Certo, mi piacerebbe giocare in uno dei cinque campionati più importanti del Mondo (Germania, Inghilterra, Spagna, Francia e, per l’appunto, Italia ndr) ma l’esperienza al Cluj mi ha insegnato a non chiudere mai i miei orizzonti. Per ora sono arrivate due chiamate, da Grecia ed Arabia Saudita, ma aspetto serenamente di poter ascoltare anche altri progetti.” 

Il calcio, a Napoli, è cosa tanto amata quanto ardua, lo sa bene Piccolo che al San Paolo ha giocato sì, ma sempre da avversario: “Mi sarebbe piaciuto vestire i colori azzurri, certo non nel Napoli da Champions, magari in quello di B, ma questa chiamata non è mai arrivata. Mi sarebbe piaciuto avvicinarmi a casa, ma non ho rimorsi né rimpianti di sorta.” Dulcis in fundo il problema del calcio ‘marcio’: “La Juve, con lo Stadium, dev’essere da esempio. Guardate oltremanica: gli hooligans, nelle gare di Premier, hanno vita difficile, affidare alle società la proprietà degli stadi con i guadagni e le responsabilità che ne conseguono mette sotto una luce diversa il ruolo del tifoso nello spazio-stadio. Anche i più facinorosi, col fiato sul collo, si sentono soggetti al club.” 

Dal nostro inviato a Pomigliano d’ Arco Mirko Panico

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