Il dispositivo di sicurezza predisposto dalla questura di Napoli è di massima allerta. Ed è possibile che gli agenti in servizio di ordine pubblico possano attivare le telecamere montate sui giubbotti. La sperimentazione è partita ieri, con l’emissione della circolare dei vertici del Dipartimento guidato dal prefetto Alessandro Pansa. Ufficialmente si comincia il 1° luglio, ma già da settimane sono state effettuate alcune «prove» per testare il funzionamento delle apparecchiature.
Video in quattro città
Il «disciplinare di utilizzo» fissa le 10 regole da rispettare, le modalità da seguire per evitare abusi. Sono 160 le apparecchiature messe a disposizione dei Reparti Mobili di Roma, Napoli, Torino e Milano che potranno utilizzarle durante le manifestazioni, nel corso dell’attività fuori e dentro gli stadi, ma anche in occasione di particolari momenti di tensione come può essere appunto il funerale di Ciro Esposito, vittima della follia ultrà prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, giocata all’Olimpico di Roma il 3 maggio scorso. L’obiettivo è specificato nel documento: «Utilizzare le videoriprese come strumento di prevenzione a tutela delle persone e del regolare svolgimento della manifestazione».
I «capisquadra»
Il decalogo prevede che «l’apparecchio, montato sul gilet tattico del “caposquadra” e di un altro componente dell’unità organica dei Reparti Mobili, venga attivato nei momenti di criticità per ordine di un funzionario che potrà disporre la cessazione e poi riattivarlo se ce ne sia la necessità. Al termine dovrà essere compilato un foglio di consegna e tutta la documentazione dovrà essere consegnata alla polizia Scientifica».
Il regolamento assegna al consegnatario del Reparto il compito di «verificare lo stato di efficienza dei dispositivi prima dell’utilizzo e all’atto della riconsegna. Deve poi provvedere al mantenimento della piena efficienza delle batterie, controllando la corrispondenza dell’orario, e della data presenti sul display . Tutti i dispositivi dovranno essere sincronizzati sulla stessa data e sullo stesso orario».
Le schede di memoria
La decisione di filmare la piazza è stata presa nelle scorse settimane, dopo gli scontri avvenuti durante il corteo di metà aprile a Roma segnato dal poliziotto che calpestava una manifestante. E ha come priorità quella di «cristallizzare» i momenti più complessi proprio per poter poi stabilire che cosa sia effettivamente accaduto. E così assegnare responsabilità certe ai responsabili. Anche per questo è previsto che al momento della consegna al caposquadra «la scheda di memoria non dovrà contenere alcun dato archiviato. Le videocamere e le schede di memoria sono contraddistinte da un numero seriale che dovrà essere annotato in un apposito registro recante il giorno, l’orario, i dati indicativi del servizio, la qualifica e il nominativo del dipendente che firmerà la presa in carico e la restituzione».
Proprio per garantire la genuinità delle riprese «l’operatore, dopo aver verificato il funzionamento, l’assenza di dati archiviati nella memoria e la corrispondenza di data e orario, posizionerà la videocamera sul gilet tattico e dovrà tenerlo, pronto per l’utilizzo, per tutta la durata del servizio».
La «tutela» per le indagini
I primi a sollecitare la possibilità di utilizzare le telecamere erano stati i vertici dell’Associazione funzionari di polizia e il Siap «per tutelare gli operatori ed evitare assurde strumentalizzazioni», come ha più volte sottolineato il segretario Lorena La Spina. Una posizione condivisa dal Sap guidata da Gianni Tonelli e dalla Silp Cgil rappresentata da Daniele Tissone, concordi nel chiedere «strumenti efficaci di prevenzione e soprattutto di protezione». Un’istanza accolta anche perché, come viene specificato nella circolare, «è stata rilevata l’esigenza di implementare le dotazioni degli operatori dei Reparti Mobili con strumenti tecnologico dedicati, in grado di ampliare le aree di controllo visivo dell’evento che consentano, in via prioritaria di assicurare una maggiore tutela agli stessi operatori mediante l’acquisizione di materiale video-fotografico utile per l’eventuale supporto probatorio».
La sperimentazione durerà sei mesi e «per monitorare la funzionalità della soluzione adottata e verificarne la rispondenza operativa», ogni mese dovrà essere trasmesso un «report» alla segreteria del capo della polizia in modo da poter effettuare eventuali interventi correttivi.
Fonte: Corriere della Sera
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