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Pjanic dirige un’orchestra perfetta, De Rossi è una diga, De Sanctis un muro

De Sanctis 7 – Non è lì solo per urlare e il presuntuoso Pandev se ne accorge al 35′. Signori, un portiere in maglia giallorossa.

Maicon 7 – Da solo ingorga la sua fascia e anche quella altrui: deve, perché qualche diagonale Dodò gliela chiede. Alla fine della partita ha ancora il fiato che manca sin dalla metà a giovincelli dallo sguardo smarrito. Mentre il suo resta d’acciaio dall’inizio al fischio finale.

Benatia 6,5 – Gli mancano certezze verso sinistra e accanto. Sembra più preoccupato dello stesso Garcia per le crepe che si formano dove manca Balzaretti. Sbaglia solo un paio di palloni, però l’ammonizione conclusiva spalmata sulla diffida resta sullo stomaco.

Castan 6,5 – Va fuori posizione lui e ci spedisce anche Benatia sul taglio di Pandev che per un istante paralizza l’Olimpico. Nell’interrogazione dell’attacco veloce del Napoli è in difficoltà. Però tiene bene il fortino nel momento della paura.

Dodò 6,5 – Alla prima chiamata difensiva perde la direzione, l’equilibrio e Callejon. Lo aiuta il baricentro alto della Roma o basso del Napoli, fate voi. Evapora nel secondo tempo di sofferenza acuta, per ricomporsi nel faticoso finale quando tenere il pallone e distribuirlo diventa più importante che non rosicchiare i polpacci degli attaccanti.

Pjanic 8 – Vederlo diventare direttore d’orchestra, maestro e virtuoso, campione insomma, è semplicissimo. Basta togliergli Totti dagli stinchi e dai pensieri. Non sarà sempre così, per il momento sì ed è l’unico limite che riusciamo a rintracciare nel suo talento. C’è un arcobaleno dietro quel pallone che scavalca cielo e Reina. C’è il gelo nel cuore e nel fegato che gli permettono di tirare il rigore.

De Rossi 7,5 – Si mette anche in porta in questa partita che richiede più attenzione che genio. Qualche lancio finisce nei fossati, ma i fossati spariscono davanti alla trincea che Capitan Futuro (e in questo caso Presente) scava a centrocampo. Se capita, porta pure i suoi saluti a Reina.

Strootman 6,5 – La semplicità con la quale si muove rasenta il classicismo. E forse è proprio per questo che gli avversari non riescono a impedirgli di concludere, con quel suo calcetto stretto che fa schizzare il pallone come a Subbuteo. Chiude sfinito e significa semplicemente che non regala mai un centimetro a nessuno.

Florenzi 6,5 – Se sta a destra, con Maicon trivella la difesa del Napoli. Se sta a sinistra, ha qualche problema in più a tenere relazioni sociali con Dodò. Sa come tirare in porta e giustamente ci tiene a dimostrarlo. Il cross che crea il rigore è un incantesimo.

Totti 6,5 – L’intuizione artistica, l’istinto e la bellezza pura, tutto in un colpo di tacco. Questo ha un prezzo e lo si paga quando non si dovrebbe. Dal momento in cui è forzato a uscire la Roma impiega tempo a riplasmarsi.

Borriello (33′ st) 7 – I piedi contano poco. Qui servono spalle, muscoli, denti stretti. Ce li mette tutti e schianta persino l’esperienza di Paolo Cannavaro. Ma davvero qualcuno pensava che sarebbe stato inutile?

Gervinho 6,5 – Un quarto d’ora per rivedere il mitico Gervinho, quello per il quale la porta è piccola come l’ingresso di un formicaio. Garcia lo sposta da un lato all’altro e pure al centro a caccia di difensori da saltare e di falli, tipo quello che procura a Pjanic la punizione da dipingere. Stanco e sempre pericoloso.

Ljajic (12′ st) 6 – Ha partecipato alla festa e quindi merita di firmare il libro degli ospiti. Palla al piede è uno show ambulante, non certo un professore di strategia: comunque sbagliare qualche scelta nell’accrocco di un incontro tanto importante e tanto patito va messo nel bilancio preventivo.

Garcia (All.) 7,5 – Ragazzi, otto. Otto partite giocate, otto vinte. Il voto probabilmente dovrebbe essere quello. Un mezzo punto glielo togliamo perché l’infortunio di Totti lo coglie lievemente alla sprovvista e perché il Napoli riesce per mezz’ora a mettere sotto la sua Roma, non semplicemente con il fisico ma di tecnica e di tattica. Eppure gli bastano due gesti e una faccia nera per saldare i pezzi che ballano. Il suo maestro Benitez non era contento, ieri sera.

Fonte: Corriere dello sport

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