Il regista più forte di tutti i tempi? Ognuno ha la sua opinione al riguardo, ma certamente trovare un sostituto di Andrea Pirlo sarà un’impresa difficile per il calcio italiano. Il centrocampista azzurro, nel corso di una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello sport, dichiara di non rivedersi né in Cataldi, né in Verratti:”Cataldi no, è diverso da me, è più incursore. Verratti non mi somiglia, però è il calciatore che può giocare per vent’anni in Nazionale. Contro di noi, nel 2014, Mandragora giocò bene. Di Sensi mi parlano bene, ma ovviamente conosco meglio Sturaro. Nella scorsa stagione è migliorato tanto, anche se ora gioca meno. Si dice che in Italia i ragazzi non giocano ma guardate Donnarumma: chi è più bravo, ha spazio. Altri? Mi piace Dioussé dell’Empoli. Per fare il centrocampista centrale devi avere personalità”. Come crescono i giovani calciatori americani? “I ragazzi arrivano in Major League dalle università. La tattica non la sanno, la tecnica è poca, il fisico tanto. Il calcio però è diventato lo sport più praticato, anche più del basket. Le strutture e i soldi non mancano, però si diceva la stessa cosa dell’Africa. Servono cultura e professionalità”.
Spogliatoi? In vent’anni sono cambiate parecchie cose: “Una volta, in prima squadra, avevi paura a parlare e stavi in un angolo. Era una dittatura degli anziani. Ti presentavi con l’orecchino, te lo toglievano. Ti facevi crescere i capelli, te li tagliavano. Adesso un ragazzo viene a fare un allenamento con la prima squadra e pensa di essere arrivato. La cosa più importante è mettersi lì a fare le foto. Io qualche bella entrata l’ho presa. Una da Giunta: avevo dribblato due o tre volte, mi hanno fatto una caviglia così. Ragazzi seri? Certo che ci sono. Rugani, ad esempio. Anche Bernardeschi mi sembra un ragazzo serio, ma lo conosco meno. Pogba il più forte giovane che ho visto in carriera? Sì. Dal primo allenamento abbiamo capito: ‘Questo è forte’. Era magrino ma le gambe arrivavano ovunque. Ora è più grosso, potente: si è anche irrobustito”.
Anche Pirlo ha fatto panchina in carriera: “A 16-17 anni. Poi con Cadregari, in Primavera: ero il più piccolo di 3-4 anni e lui, zemaniano da 4-3-3, mi metteva esterno sinistro. Tutti noi però avevamo voglia solo di giocare a calcio. Adesso ci sono i videogiochi, la PlayStation, la televisione. La tecnologia ha rovinato tutto. Tutti i giorni si andava all’oratorio di Flero e si stava insieme lì. Tre contro tre, due contro due, le partite tra canestro e canestro dopo la Messa, prima del pranzo della domenica. I genitori spesso sono la cosa più brutta dei settori giovanili. A volte vai a vedere le partite e trovi genitori che urlano contro gli altri bambini o contro gli arbitri. È la rovina. Sicuramente a casa faranno la ramanzina al figlio, dicendogli quello che ha fatto o non ha fatto in campo. Così ti passa la voglia di giocare. I miei genitori andavano dall’altra parte della rete per non sentire gli altri papà. Per fortuna”.
Si diventa un fenomeno anche giocando in casa: “Certo, tutto il giorno. Io usavo un muro sotto casa come porta oppure usavo una palla di spugna e calciavo le punizioni sopra al divano. Anche i Big Jim diventavano calciatori: mi mettevo per terra e facevo le azioni con i pupazzi. Come riconoscere un campioncino? Io, quando guardo un ragazzino, vedo come stoppa e passa la palla. Si capisce subito: se sa stoppare e passare, è bravo”.
Fonte: gianlucadimarzio.com
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