Come in Champions. Anzi peggio: perché l’immagine di Gonzalo Higuain che lascia il campo dopo 76 minuti, sul 2-1 per il Porto, è il simbolo della resa del Napoli. Notti stregate, quelle europee, per il Pipita: «Quest’anno non siamo stati fortunati, ma la nostra stagione non finisce qui». Maledizione, tabù e iattura, però duello vinto da Jackson Martinez soltanto per i meriti della squadra. Involontario protagonista del pareggio dei suoi, il colombiano; inventore del vantaggio azzurro, l’argentino. E poi bombardiere impreciso davanti a Fabiano in apertura di secondo tempo: match-ball da urlo, quello sparato da due passi addosso al portiere, ma ascrivergli colpe è impossibile. Sia chiaro: tra mille prelibatezze salva-Napoli, un pezzo di carbone può capitare.
CHE NUMERO – E allora, la disfida dei sudamericani con il 9. Il numero che nella letteratura del calcio simboleggia il centravanti vecchia maniera e che ieri esibivano fieramente loro, Gonzalo e Jackson. Gente che dell’old style del mestiere ha ben poco, eccezion fatta per i gol (a grappoli): moderni a dire poco, i signori in questione; dinamici, in agguato, in moto perpetuo alla ricerca della porta e dei compagni. Esempio? Pratico e da manuale, quello offerto dal Pipita al 21′: palla in profondità, sterzata al limite e assist al bacio e abbraccio per l’1-0 di Pandev. Super inserimento e super idea. Il primo round è suo.
UOMO SQUADRA – Ecco, diciamo che sotto l’aspetto della rifinitura non esiste partita, tra i due attaccanti venuti dall’altro capo del mondo: rispetto a Martinez, Higuain recita a soggetto il ruolo dell’uomo-squadra con la classe di un premio Oscar. Lo sottolineano anche i numeri: quello offerto al collega macedone ieri è stato l’assist numero 11 della grande stagione dell’argentino, il secondo in Europa League (dopo quello a Insigne con lo Swansea), mentre Jackson a referto ne conta appena uno. Dieci in meno: un divario giustificato dalle differenze tattiche delle squadre, certo, ma anche il sigillo di un diverso modo di interpretare il ruolo. Con tanto di replica: il bis di Gonzalo arriva nel finale, però Mertens non capitalizza. La risposta del colombiano, stretto nella morsa Fernandez-Albiol, si esaurisce in un colpo di testa – da brividi – su angolo dalla destra. Stop. Il primo tempo è davvero senza storia.
PROTAGONISTA INVOLONTARIO – A dirla tutta, la storia potrebbe diventare addirittura sentenza dopo un quarto d’ora della ripresa, quando, dopo un altro duello vinto – letteralmente – in coppia dai centrali del Napoli su Jackson lanciato in porta, Higuain fa una magia in area e poi spara in malo modo addosso a Fabiano. Alla prossima. Il gioiello del Porto, dal canto suo, non se la passa per niente bene: letteralmente soffocato, asfissiato ora da Fernandez e ora da Albiol, bravi a lasciargli le briciole e a pressarlo molto alto. Un disagio che, però, la fortuna trasforma in oro puro al 24′: contrasto a centrocampo Martinez-Behrami, il colombiano frana e il pallone finisce casualmente a Fernando. Frittata: la verticale per Ghilas taglia a fette mediana, difesa e speranze di qualificazione.
LA PROMESSA – A scrivere la parola fine, poi, ci pensa Quaresma: sull’avventura europea del Napoli e anche sulla partita di Higuain. Risparmiato per la Fiorentina. Ma pronto a parlare: «La nostra stagione non è mica finita con il Porto: ci sono ancora il campionato e la Coppa Italia. Di certo non siamo stati fortunati in Europa, quest’anno: per quanto creato avremmo meritato di passare il turno, Fabiano è stato bravissimo, e anche in Champions siamo usciti con tanti punti». Gli applausi del popolo del San Paolo, comunque, arrivano lo stesso. «Sono un bel segnale».
Fonte: Corriere dello Sport
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