Il San Paolo trasformato in set cinematografico e in parco dell’amore con tanto di garçonnière è nel mirino della Procura. Già al centro di numerose inchieste per la sua eccessiva permeabilità, con tanto di traffici illegali, il pool che si occupa della questione sta monitorando la denuncia dell’assessore allo Sport Pina Tommasielli. Scontata l’apertura di un nuovo fascicolo, o l’inserimento della nuova puntata in qualche documento già aperto per portare avanti nuove indagini. «Al di là di tutto – racconta la Tommaselli – si tratta di una truffa ai nostri danni. Per quello che mi riguarda, abbiamo cercato di far ruotare il personale. I licenziamenti? Bisogna acquisire degli elementi, aspettiamo un provvedimento di tipo amministrativo». Il riferimento è all’inchiesta interna che Palazzo San Giacomo ha avviato dal 15 maggio e ormai alle battute finali. Un dossier che finirà direttamente sul tavolo della Procura e anche alla Corte dei Conti visto che si profila un mancato incasso per l’ente. Una vicenda tutta da decifrare ancora. Oltre all’aspetto folcloristico stanno venendo fuori – per esempio – spunti che riguardano la falsificazione dei cartellini di accesso allo stadio, decine di duplicati, rivenduti poi a chi oltre a volersi godere la partita voleva vivere l’emozione, il brivido, di essere a bordo campo.
L’assessore rivela un gustoso retroscena, ovvero come ha interrotto questa truffa: «Ho scoperto la situazione quasi per caso: faccio il medico e una mia paziente mi ha confessato che sua figlia era intenzionata a fare alcune foto al San Paolo dopo il matrimonio. Se non avessi potuto aiutarla, avrebbe pagato la mazzetta come tutti. Ho indagato e ho scoperto la situazione. Le foto allo stadio saranno regolamentari come abbiamo già fatto al Maschio Angioino, si pagherà un bollettino».
Al riguardo il prezzario della mazzetta era di 50 euro. Un sistema messo in campo da una cinquantina di persone fra cui soci cooperatori, lsu, dipendenti di Palazzo San Giacomo e addetti della Napoliservizi. Che hanno utilizzato – da metà maggio la pacchia è finita – un bene pubblico per fini privati, appunto per intascare le mazzette. Il San Paolo si sa in quanto a spazi è una giungla. Varchi sotterranei segreti, o – meglio – ben conosciuti ai soli ultrà delle due curve. Fori nelle paratie del muro perimetrale che cinge l’ovale dello stadio. E, ancora: telecamere di videosorveglianza attive, ma solo a singhiozzo, e cioè fino a quando – la sera prima dell’incontro di calcio previsto, qualcuno non provvede ad accecarle con vernice spray nera. Questo il San Paolo colabrodo. Questione più volte affrontata dai responsabili delle forze dell’ordine e dai vertici della stessa società. Ma tutta la buona volontà di polizia, carabinieri e security interna alla società di Aurelio De Laurentiis per ora non sono bastate a fronteggiare l’onda lunga di facinorosi e truffatori.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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