Il passato che ritorna: e così, mentre il pallone comincerà a rotolare, verranno fuori i ricordi più recenti ma anche quelli più remoti, lo scudetto dell’87 e le promozioni del Terzo Millennio, la gioventù delle belle epoque con Diego e la «saggezza» degli anta nella rinascita con De Laurentiis. E’ una partita ma forse è un po’ il derby del cuore che Pierpaolo Marino va ad affrontare tormentandosi dentro: perché il tempo, ch’è un indiscutibile galantuomo, lenisce le ferite ma mica anestetizza i sentimenti e in quel fiume che scorre via lentamente, consegnando fotogrammi dell’esistenza, magari si ripartirà dall’infanzia, dalla prima domenica trascorsa al san Paolo, mano nella mano con il papà. Il calcio è un elisir, in talune circostanze, e fa niente se per un’ora e mezza scatenerà l’inevitabile conflitto di interessi e la mozione d’affetti danzerà laddove conduce adesso il cuore. Napoli-Atalanta o anche più semplicemente, al di fuori dal campo, al di sopra degli schemi, Marino contro Marino: però senza avvertire alcun tipo d’antagonismo sportivo, magari scoprendo – una volta di più – l’inconsueta sensazione di chi deambula distrattamente, sospeso in un viaggio (quasi) surreale che confonde la realtà con la fantasia. E’ però è tutto successo, a più riprese: e pure stavolta, quando il fischio d’inizio spezzerà l’incantesimo, in quella palla di cuoio Marino leggerà qualcosa di sé e si ritroverà avvolto in una nuvola d’azzurro tenebra. Perché la memoria non tramonta mai, né si attorciglia nei dribbling di quei novanta minuti.
Impossibile sottrarsi alla domanda, Marino: che effetto fa?
«Per me non sarà una partita, ma una festa: torno in una città alla quale ho dato e dalla quale ho ricevuto. Mi porto dentro un primato che non verrà battuto, perché ho vinto in C, in B, ho vinto lo scudetto e pure la Coppa Italia. Non ci saranno più giorni bui e dunque nessun altro sarà in grado di affermarsi né in C, né in B: il Napoli è destinato, attraverso il programma di De Laurentiis, ad avere un ruolo sempre più rilevante nel panorama del calcio. Il meglio deve ancora venire».
E’ ancora «imbattuto» nel biennio bergamasco: una vittoria all’andata, una al san Paolo nella passata stagione e il pareggio nel vecchio «Brumana»…
«E’ un semplice dato statistico: io non vado in campo. Il destino delle partite è affidato ai calciatori».
Ne ha portati con sé alcuni che aveva a Napoli: Denis, Cigarini, Contini…
«El Tanque è diventato un personaggio-simbolo, non solo goleador ma anche leader. E’ l’uomo dei record: ventisette gol in un anno e mezzo. Amatissimo come si amano le bandiere».
Visto da lontano, quattro anni fa, il Napoli cosa le ha lasciato?
«Un patrimonio di successi e di soddisfazioni, sportive e morali. La conferma dell’affetto della gente e poi un rapporto straordinario con De Laurentiis in stagioni sostanzialmente difficili, in cui bisognava rilanciarsi dopo aver ereditato un club demolito: l’anno scorso, guardando le gare di Champions, notavo con orgoglio che c’erano in campo nove calciatori figli di quella gestione».
Visto da vicino, dopodomani, cosa coglierà di particolare?
«La gratificazione di ritrovare, tra i titolari, ancora De Sanctis e Campagnaro, Cannavaro e Maggio, Zuniga e Hamsik. Mezza squadra che gioca e qualche altro in panchina: Grava, Insigne che venne al Napoli da bambino. E’ stato fatto un lavoro straordinario, che ancora dà frutti. Per un manager, è il riconoscimento del proprio impegno».
Tolga un avversario al Napoli.
«Approfitto e ne levo due: uno è Cavani, chiaramente, e il digiuno delle ultime gare alimenta ulteriormente la nostra preoccupazione; l’altro è Hamsik: tempo fa dissi che pensavo fosse in grado di arrivare al Pallone d’oro. Mi correggo: sono sicuro che prima o poi vincerà il Pallone d’oro».
Trova una squadra stanca…
«E’ ferita dalle ultime prestazioni e da qualche critica e ciò rende la nostra domenica ancora più complicata. Già affrontare il Napoli è difficile, in queste situazioni diviene quasi impossibile: ma l’Atalanta ha dimostrato, pure quest’anno, di non avere timore delle grandi: le sfida a viso aperto, perché chiudersi non ha ragione. Sarà un inferno, perché ci imbatteremo in undici giocatori arrabbiati».
Il Napoli per il secondo posto, voi per la salvezza.
«I due punti di vantaggio sul Milan sono un vantaggio, non una garanzia. Ma la classifica è veritiera, la seconda forza italiana è il Napoli e la gente può essere fiera di avere un club che è alle spalle della Juventus, vale a dire di una delle prime otto squadre d’Europa. Noi abbiamo un buon vantaggio sulla terz’ultima, nonostante due punti di penalizzazione, ma non si può mollare la presa: la quota per tirarsi fuori da guai si sta alzando».
Cosa c’è nel futuro suo e del Napoli?
«Io spero di dare sempre maggiore solidità al progetto-Atalanta: ho ritrovato gli stimoli della sana provincia, quelli di un calcio antico che mi ha riportato ai tempi dell’Avellino dei miracoli. Ho un presidente straordinario, che mi fa sentire di famiglia. E un progetto da seguire per almeno quattro anni ancora. De Laurentiis, ne sono certo, garantirà al club scenari entusiasmanti e terrà il Napoli stabilmente tra le grandi, come sta facendo».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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