Diego Roberto Pesaola, figlio del grande Petisso, ha raccontato sulle pagine dell’edizione odierna de Il Mattino, in una lunga intervista, il “suo” Napoli-Fiorentina, da ex “pulcino” degli azzurri a studente della città di Firenze al Liceo Classico “Michelangiolo”. Ecco le sue parole:
C’è Napoli-Fiorentina, da che parte stai? «Una premessa. In questi giorni, a Firenze, dicono di avere paura di una sola squadra, il Napoli. Dicono esattamente: se prendiamo questa partita, non abbiamo più paura di nessuno».
Sfuggi alla domanda. «Papà conquistò il primo storico secondo posto del Napoli. Fu mandato via. Disoccupato. Lo chiamarono i dirigenti della Fiorentina. Come sempre, papà si consultò con mia madre che già gli aveva indicato Napoli quand’era giocatore legandolo per sempre alla città e ai colori azzurri. Firenze va bene, lei disse, è una bella città. Partimmo da Napoli con un grande rimpianto. Alla stazione c’era una folla di amici e tifosi. Ci sentimmo emigranti».
Va bene, ora c’è Napoli-Fiorentina. «Andammo a Firenze e mio padre disse a mia madre: qui ci sono tre fuoriclasse, Albertosi, Bertini, Brugnera. Mia madre osservò: allora sei messo bene. E mio padre, con quelle sue pause teatrali e il colpo a sorpresa sempre in serbo, disse di rimando: tre fuori classe e li hanno venduti tutti e tre. Aggiunse: mi chiedono di salvare la squadra dalla retrocessione. Vinse addirittura lo scudetto».
Il passato è passato. Napoli-Fiorentina, uno che si chiama Pesaola perchi parteggia? «Mio padre ha vinto uno scudetto a Firenze, ma al Napoli ha dato il cuore e l’anima, dopo le gambe e le corse sulla fascia sinistra al Vomero. Lui, domenica, non avrebbe dubbi: siederebbe sulla panchina del Napoli».
Tu dove ti siedi? «Questo è l’unico caso in cui mi mantengo equo.Vorrei che vincessero tutte e due le squadre».
Posizione salomonica, complimenti. «Napoli e Fiorentina stanno giocando il più bel calcio del campionato».
Lo scudetto della Fiorentina cominciò con la solita furbata di Bruno Pesaola. Tirò su i giocatori, senza più i tre elementi migliori, esordendo così: se con questa squadra non vinciamo lo scudetto mi faccio frate, ma frate trappista di quelli che fanno più penitenza. «Dell’anno dello scudetto viola ricordo la partita chela Fiorentina vinse a Napoli. Alla fine, così mi hanno sempre detto, sul tabellone del San Paolo apparve una scritta: forza petisso. Mi piacerebbe sapere se è vero. E, se non lo è, è bello ugualmente».
Bruno avrebbe voluto vincere lo scudetto col Napoli. «È stata la sua grande malinconia. Quando il Napoli vinse con Maradona si accontentò di dire: beh, almeno un altro argentino ha fatto vincere il campionato al Napoli».
Hai scritto tanti libri sui filosofi, molto divertenti, nutriti della tua grande conoscenza in materia. Indica i filosofi per questa partita. «Un professore fiorentino, dal nome indicativo, Platone Cecchini, mi ci ha fatto appassionare fino alla laurea con lode in filosofia. Per Napoli-Fiorentina vedo Giovanbattista Vico sugli spalti azzurri e Niccolò Machiavelli su quelli viola».
Mi preoccupa Machiavelli. «Hai ragione. Il fine giustifica i mezzi. Ma la Fiorentina non userà qualunque mezzo per vincere. Vico, in questa bella stagione del Napoli, ricorderà agli azzurri i corsi e i ricorsi storici. Non voglio aggiungere altro».
Cioè? «Hai visto mai che, e non proseguo».
Hai scritto“Platone e la legge del pallone. Sedici colpi fondamentali del gioco del calcio”. «Nella famiglia di mio padre, il vero giocatore di calcio era il fratello, Giordano.Quando da militare si maciullò una gamba e non c’era più mio nonno, qualcuno doveva badare alla famiglia. Giordano disse a Bruno: ora giochi tu al calcio e porti i soldi a casa. Mio padre disse:io non so giocare al calcio. Ti insegno io,gli rispose Giordano. Siccome le giovanili del River Plate cercavano un giocatore mancino,Giordano legò la gamba destra di mio padre a un albero costringendolo a calciare solo di sinistro».
Ma i sedici colpi fondamentali? «Giordano ne insegnò quindici a mio padre, il dribbling, la rovesciata, il cross, eccetera. E il sedicesimo? Chiese mio padre.Cambia di volta in volta e non s’impara, disse Giordano. Ce l’hai dentro, se ce l’hai. È l’anima del gioco, la sorpresa, il colpo di genio, quella che poi, da allenatore, per mio padre è statala cazzimma di napoletano nato casualmente a Buenos Aires».
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