Ne ha vissuti tanti, Bruno Pesaola. Da giocatore, dal 1952 al 1960, ma soprattutto da tecnico del Napoli (dal ’64 al ’68 e nella stagione 1982-83). «I ritiri sono importanti, è il periodo in cui si cementa il gruppo, anche se molte cose sono cambiate».
La sua avventura nel Napoli è iniziata in ritiro, visto che fu acquistato dal Novara nell’estate del 1952…
«Ma quello non era un vero e proprio ritiro. Arrivai direttamente dal viaggio di nozze all’hotel Parker di Napoli per il raduno: lavorammo in città».
Con gli anni ’60 iniziarono le «classiche» preparazioni, nel ’62 con lei ad Agerola.
«Fu il primo in assoluto con gli allenamenti giornalieri, altitudine e corse nei boschi. Accogliemmo Canè, che era un po’ disorientato, e lavorammo sia di mattina che di pomeriggio».
C’è qualche aneddoto che ricorda?
«Eravamo a cena e a un certo punto vedemmo i tavoli che andavano dall’altra parte della sala. Era in atto una scossa di terremoto e, nonostante i ragazzi fossero stanchi, ci fu una fuggi fuggi generale. Una corsa collettiva verso il campo da gioco. Rientrammo in albergo a notte fonda».
Come passavate il tempo libero?
«Giocando a carte, specie a scala 40. Anche i ragazzi passavano il tempo così, con qualche telefonata alle mogli».
Non ricorda nessuna particolare visita di notte?
«Se si riferisce alle donne (risata coinvolgente, nda) assolutamente, sarebbe stato per loro controproducente. E poi erano talmente stanchi. Forse qualche volta è capitato nei ritiri prepartita. Comunque i calciatori di allora si sacrificavano volentieri, anche se quelli sposati soffrivano di piú».
Anche Altafini e Sivori, in ritiro nel ’65, sopportavano la preparazione?
«Con loro eravamo al Terminillo, nel Lazio: erano due primedonne e a cena li mettevo vicini per favorirne l’amicizia. Devo dire che lavoravano senza lamentarsi, poi c’erano anche gli scherzi a rompere la monotonia. Si metteva dentifricio nel lenzuolo, si disfacevano i letti e poi il massaggiatore, Beato, si prestava a ricevere e fare scherzi. Qualche volta li portavo al cinema, come capitava sempre nei ritiri pregara: sceglievo solo film comici o d’avventura, meglio evitare quelli sentimentali».
Con lei anche i ritiri ad Abbadia San Salvatore.
«Erano i momenti più importanti per fare gruppo. Ero democratico: se a ritardare erano i giocatori meno importanti non li multavo, punivo invece quelli più famosi, per dare l’esempio e per far capire che tutti sono uguali. E lo stesso sistema lo usavo dopo le partite: Gioacchino Lauro mi chiedeva quale fosse stato il miglior calciatore per regalargli un orologio Patek Philippe, io ovviamente gli indicavo ogni volta un giocatore diverso e gli ultimi ad averlo furono Altafini e Sivori».
Cosa è cambiato, oggi, da allora?
«Oggi la preparazione è piú specifica, si lavora subito con il pallone, si predilige la velocità. È quello che farà anche Benitez, ottimo allenatore. A lui e al Napoli faccio un grande in bocca al lupo».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
L.C.
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