Le foto (ingiallite) raccontano d’un altro calcio che, venticinque anni dopo, riemerge dalla memoria, tra quell’oceano di ricordi. E’ Siena-Napoli e la spruzzata di malinconia è nell’inevitabile revival a cavallo di un’era ormai lontana, tra capelli grigi che inquietano e lampi di gioventù perduta che però entusiasmano. Siena-Napoli, vista da Giorgio Perinetti, è una partita per modo di dire: perché è vero, c’è la classifica che ha esigenze, e poi la tensione che un po’ distrae, ma dal principio alla fine, quell’ora e mezza è un amarcord.
Il Perinetti-uno si perde nella notte dei tempi.
«Fine anni ‘80, per la precisione ‘87-‘88, la stagione disgraziata in cui perdemmo lo scudetto con il Milan, che il primo maggio venne a vincere al san Paolo. C’era Moggi a capo della struttura tecnica, Bianchi in panchina: ne è passato di tempo, un quarto di secolo, non mi faccia ricordare».
Il Perinetti-bis è meno lucente.
«Prima, però, c’è la mia parentesi da direttore sportivo, quando Ferlaino mi incaricò di sostituire Moggi. Allenatore Claudio Ranieri, Un paio di scoperte, Zola su tutti. Prendemmo Blanc. Chiudemmo al quarto posto, perdendo l’ultima con il Torino. Poi sono tornato con Naldi, ma la penso diversamente da lei: arrivai con la squadra quasi in C, tredici punti in classifica. Continuo a ritenere quella salvezza una delle imprese più gratificanti».
Il Perinetti-terzo è da avversario.
«E’ già successo ma non mi sono ancora abituato: ho il sospetto di invecchiare, perché m’accorgo di emozionarmi ogni volta di più. E pure stavolta sta andando così. Forse è l’età».
Sessantuno anni ieri, si può dire…
«Ma fatevi i fatti vostri, c’è chi me ne dà qualcuno in meno».
Faccia le carte alla sua partita.
«Sarebbe stato meglio non affrontare adesso il Napoli, vista l’emergenza. L’affronteremo un po’ rattoppati, ma non ci tireremo indietro. Sappiamo di affrontare un’avversaria di grandissimo spessore, che ha un organico e una struttura tattica di primissimo piano e che è protagonista in Italia e in Europa ormai da tempo».
Fa lo stratega del pianto: alla Lazio ne avete fatte quattro…
«E’ stata una giornata perfetta per noi e imperfetta per loro. E stavolta ci mancano un paio di calciatori, qualcuno non sta benissimo, fronteggeremo l’emergenza».
Vuol far credere che si accontenterebbe del pari?
«Giochiamo a viso aperto, come sempre. Ci piacerebbe una bella prestazione, poi si vedrà. Noi contiamo molto sulla nostra organizzazione».
Tolga un calciatore al Napoli.
«Nessuno s’arrabbi ma Lavezzi rappresenta, per me, un calcio superiore. E’ l’attaccante moderno per eccellenza che rompe gli schemi altrui e dunque gli equilibri, ti dà una strappata e se ne va. Fa danni, il pocho».
La Napoli di Perinetti turista.
«Un giro a Posillipo, dove abitavo nelle mie stagioni partenopee. Poi non posso mai fare a meno d’una passeggiata in Piazza dei Martiri, un giretto a via Calabritto, un salto dal mio amico Sasà, il caffé da Cimmino e le cravatte da Marinella».
Il Napoli visto da Perinetti.
«Sta stupendo: programmazione mirata, investimenti intelligenti. La sua dimensione attuale è notevole ma non è finita, perché il cammino prosegue , ogni stagione è diversa dalle altre”.
Vabbè, saprà che con le piccole ogni tanto incrocia un muro…
«E’ una domanda alla quale non posso rispondere con un’analisi: ne prendo atto e aspetto domenica pomeriggio per verificare se è proprio del tutto vero…».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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