Tra “Carogne” da spolpare, servizi giornalistici che descrivono Napoli come fosse il Bronx, inviati che commentano scritte sui muri con musiche allarmistiche alla “Profondo Rosso” di sottofondo, invece di documentarsi seriamente su cosa sia effettivamente successo a Roma, in questi giorni si è davvero toccato il limite. La “gogna mediatica” ha preso d’assalto Napoli, che tutto a un tratto sembra essere la causa dei problemi italiani: in tutti i rotocalchi e salotti d’opinione si parla di Genny a’ Carogna, della maglietta “Speziale libero”, si fanno inchieste sui luoghi di ritrovo dei Mastiffs, dei Fedayn e di tutti i gruppi organizzati delle curve napoletane, ma troppo spesso ci si dimentica che a Roma in quei momenti di follia nel pre-partita si sono verificati degli atti gravissimi, deplorevoli e che tre ragazzi sono stati colpiti da proiettili. Il trentenne Ciro Esposito, onesto lavoratore di Scampia, è stato per giorni in fin di vita, lottando tra la vita e la morte, mentre gli altri due ragazzi, più “fortunati”, rischiano la paralisi.
Il modo più comodo per lo stato italiano di “lavarsi le mani” dai fatti di sabato è spostare l’attenzione dai clamorosi errori commessi nel piano di sicurezza preparato per la finale di Coppa Italia a tutt’altro. In questi giorni si è parlato di tutto e di più, demonizzando Napoli e i suoi “mostri”. Genny a’ Carogna ha subito un Daspo di cinque anni, assieme a Massimo Mantice, che dovrà tenersi lontano dagli stadi per tre anni, mentre il San Paolo è stato chiuso per due giornate. Provvedimenti quanto meno discutibili, che denunciano uno stato debole che prova a dare un’immagine forte di sè, ma con scarsi risultati.
I cittadini napoletani però non ci stanno, vogliono dimostrare che l’ex capitale del Regno delle Due Sicilie non è quella descritta dai giornali e in molti si sono riuniti oggi a Piazza Dante, intorno alle 16, in un presidio organizzato dalla famiglia di Ciro Esposito per i tre ragazzi feriti. Centinaia i presenti accorsi in piazza, in molti hanno espresso le loro perplessità sull’accaduto e sulle misure adottate dallo stato. Tra tutti gli interventi il più importante e pregno di significato è stato quello di Vincenzo Esposito, zio di Ciro, che ha invitato i tifosi a vedere il calcio come un divertimento, ad abbandonare la violenza e a fare attenzione, poichè è inammissibile rischiare la morte per una partita. L’ex sindacalista ha espresso le sue verità, indignandosi per quanto raccontato dai media in questi giorni. In piazza il risentimento era visibile, palpabile, la gente è indignata e stufa e su un muro campeggia uno striscione che recita: “Per la città e i nostri ragazzi”. Chissà che da oggi non possa cambiare qualcosa, che questa goccia nel mare non diventi un oceano…
Dario Gambardella
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