In fondo al tunnel, a pensarci bene, c’era il buio: un buco nero, una nuvola di fuliggine, la disperazione d’una città inghiottita dal nulla e costretta a rifugiarsi nei ricordi, attraverso i quali macerarsi. L’agosto del 2004, manco fosse un’altra vita fa: il caldo insopprimibile, la Fallimentare a Castelcapuano, un pallone vuoto, sgonfio, anzi squarciato e per futuro l’ignoto. Le vie del Signore sono infinite ma, l’altro ieri, cioè in quei giorni, oltre la foschia c’era il pessimismo e otto anni per arrivare dall’inferno al paradiso sarebbero sembrati un’eresia. 30 settembre 2012: ma voi l’avreste mai immaginato? Cinque vittorie, un pareggio, la miglior difesa (con due reti) che sostiene un attacco da dodici gol secondo soltanto alla Juventus, la compagna di viaggio d’una «fughina» verso la felicità perduta: l’oro di Napoli che ora brilla al sole è in quel progetto trasformato in realtà, nell’idea di calcio imposta perseverando, perché sbagliare era già stato diabolico e stavolta bisogna svoltare.
CHE IMPRESA!…. – La memoria è un labirinto impregnato dal veleno dei ricordi, ma ora che Napoli s’è sistemata lassù e qualcuno la ama, si può anche giochicchiare con i destini propri e quelli altrui e rimettersi a sfogliare le pagine del passato per specchiarsi dentro, lasciarsi dondolare dall’onda lunga dei trionfi e osservare sul bagnasciuga i detriti di quell’estate egualmente indimenticabile, perché tutto resta (dentro). Agosto 2004, già: mentre Napoli è (calcisticamente) carta straccia, in Bundesliga si torna in campo con il Werder Brema che debutta da campione di Germania e il Bayern livido di rabbia per essere stato battuto; e nella Liga, il Barcellona riparte (all’epoca) a caccia del Valencia; e in Liga one, il Marsiglia deve rialzarsi da un settimo posto che pesa come e anche più d’un macigno; e in Premier, il Chelsea si lecca le ferite lasciategli sulla pelle dall’Arsenal. Napoli-Cittadella finisce 3-3 e rappresenta una conquista, la fine dell’incubo d’una scomparsa che Aurelio De Laurentiis ha appena evitato, il cammino faticoso verso una nuova esistenza. Otto anni fa, le attuali regine (provvisorie) d’Europa vivevano comunque di luce propria protagoniste (come sempre) protette dal limbo d’una gioia solo momentaneamente accantonata, floride e rigogliose, ancorché amareggiate. E Napoli, ripresa per i capelli, a campionati ormai avviati e a calendari largamente compilati, ricominciava dal sottoscala: venti club in serie A, ventidue in B, il girone settentrionale di C/1 con diciannove club e diciotto nel raggruppamento meridionale, con la settantovesima squadra che aveva una bacheca da far impallidire, due scudetti e le coppe Italia e la coppa Uefa e Maradona e cinque milioni di tifosi del mondo e un pezzetto di carta che la rianimava. Tutto qua. Tutto là.
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