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Per il Napoli è fondamentale centrare il secondo posto. Ecco perchè…

Darebbe grossi introiti per lo stadio, acquisti importanti e puntare sempre sui giovani

Il diritto di guardare avanti, di non mollare il sentiero che porta allo scudetto (perché nel calcio, si sa, non c’è mai niente di perso o di scontato) e il dovere di tenere a bada chi rincorre. Soprattutto questo. Soprattutto, per il Napoli, il dovere di difendere, consolidare, blindare, rendere inattaccabile il secondo posto. Che non vuol dire attaccarsi alla maglietta l’inutile – e anche inesistente – titolo di vice-campione, ma che garantisce la partecipazione alla Champions League senza neppure il fastidio dei preliminari, l’orticaria di quella qualificazione alla fase a gironi che costringe a preparazioni mirate e anticipate. Champions che porta pure un tesoro nelle casse. Una ricca e bella fetta di quel miliardo e 340 milioni, euro più euro meno, che rappresentano le entrate commerciali della Uefa. Quest’anno, ad esempio, la sola partecipazione porta ai club 8,6 milioni. Poi, 1 milione a vittoria, mezzo milione per il pari; 3,5 milioni per il passaggio agli ottavi; 3,9 per i quarti; 4,9 per le semifinali; 10,5 per chi vince e 6,5 per chi perde la finale. Tutto ciò, si capisce, senza contare la parte “variabile” dei ricavi legati ai mercati televisivi di ogni club e gli incassi al botteghino. Incassi che, da soli, l’ultima volta al Napoli fruttarono più di sei milioni. Insomma, per il Napoli, una gran buona ragione per armarsi di corsa e rinnovata volontà per difendere il suo secondo posto e dare ancora più senso e cifre in blu al suo già invidiato e lodevole bilancio. 

L’ORO – E poi c’è l’indotto. C’è il marketing che di sicuro cresce con la Champions. Perché i contratti di sponsorizzazione lievitano quando un club mette piede nel salotto buono del pallone. C’è il marchio che va su di valore e che può andare a caccia di nuovi confini e di mercati mai esplorati. C’è anche l’orgoglio, il piacere, la felicità di confrontarsi coi migliori. Orgoglio del club, della squadra, della gente.  Bene, tutto ciò vuol dire Champions. E per il Napoli vorrebbe dire anche di più. Infatti, il suo progetto di crescita e espansione andrebbe avanti senza intoppi, cacciando indietro ogni brutta ipotesi di ridimensionamento d’ambizioni e aspettative. Il Napoli, infatti, di anno in anno, di campionato in campionato è riuscito a fare sempre meglio. Per meriti del club e della squadra la sua corsa verso la stabilizzazione ai vertici del calcio non s’è mai fermata e la partecipazione alla prossima Champions – obiettivo paradossalmente “minimo” d’un’altra stagione che può essere esaltante – complessivamente confermerebbe la bontà di scelte e investimenti. 

E POI… – E i riflessi sulla squadra e sull’intero movimento azzurro? Certo che ci sarebbero anche quelli. Non si scopre nulla se si dice che l’appeal d’una squadra che partecipa alla Champions è mille volte superiore a chi il calcio dei migliori è costretto a guardarlo dal divano. Questione di mercato. Capacità d’attrarre campioni già affermati e di trattenere quelli che invece potrebbero essere tentati da altri club. E’ la legge non scritta della Champions, questa. E’ la vetrina alla quale i campioni veri non vorrebbero rinunciare mai. Cavani, Hamsik, giusto per dirne due. Per loro non farebbe differenza giocare in un Napoli impegnato in Champions oppure in una già snobbata Europa League? Certo che farebbe differenza! Insomma: quel secondo posto serve, servirebbe pure a questo: a dare ancora più spessore ad un progetto tecnico che altrimenti potrebbe subire una frenata.  E i ragazzi? Il movimento di base di colore azzurro? Nonostante la scarsità di mezzi e di strutture, il Napoli sta ricostruendo bene il suo settore giovanile. Stanno già crescendo gli Insigne del futuro alla scuola itinerante del settore baby. E che cosa più d’un campione, un idolo, un modello, un grande successo può avvicinare un ragazzino a un club anziché ad un altro? Ecco: la Champions può fare pure questo: può frenare l’esodo di campioni in erba verso altri colori ed altre città. Senza dire che parte di quei danari dell’Uefa potrebbe finalmente essere investita nella creazione d’un Centro per le squadre baby. Quella che una volta De Laurentiis battezzò “Scugnizzeria” e che non ha trovato ancora una dimora fissa. Una casa propria. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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