Dalla Fiorentina alla Fiorentina. Con il Chievo nel cuore e il Chelsea nella mente. La strana settimana del nostro eroe è nata così, quasi all’improvviso, in un freddo lunedì diventato caldissimo sulla sua pelle. E poi è proseguita ancora con l’effetto sorpresa, in una serata bella quanto Firenze stessa può esserlo. Eroe per caso? Macché. In questa storia fatta di sacrifici all’antica, passione, sudore e lacrime versate per davvero, di casuale non c’è proprio nulla: Gianluca Grava è uno stile. Il simbolo della favola. Un cinderella man del calcio che in tanti davano per finito e che, dopo un paio di match, cioè di partite alla Grava, s’è ritrovato a carezzare il sogno di esordire da titolare in Champions al San Paolo. Magari avrà anche paura di sognarla, quella notte. Però ci sta tutto. E se la meriterebbe.
LA MAGLIA – La vita cambia in un secondo, figuriamoci in sette giorni. Straordinari: dal lunedì con il Chievo, alla vigilia della sfida con i Blues. “Domani giochi tu”, il messaggio recapitato domenica scorsa da Mazzarri. Dopo 13 mesi di nulla: 15 minuti con il Lecce per bagnare il ritorno in campo dopo l’infortunio, gravissimo, rimediato un anno fa; 2 minuti e la gloria dell’esordio in Champions, a Vila-real, così da entrare in una storia scritta anche da lui. Stop. Prima della pura gioia: titolare lunedì, con maglia incorniciata per non dimenticare, e dentro all’11’ venerdì al posto di Campagnaro. Bum-bum. Da leone.
COLORE VIOLA -Prestazioni alla Grava: a furor di popolo e di sciabola contro Jovetic (prima lo ha annullato e poi ci ha scambiato la maglia). La Fiorentina è nel destino, non c’è che dire: fu a Firenze che, in occasione della prima trasferta dell’era Mazzarri, il 25 ottobre 2009, Grava esordì da titolare con il tecnico toscano cominciando la prima scalata. Poi, il ginocchio sinistro lasciato sul campo il 15 gennaio 2011, ancora contro i toscani ma al San Paolo. E la rinascita confermata di nuovo con i viola al Franchi. La vita toglie e la vita dà. Colorando tutto di viola.
LA FEDE – Per uno come Grava, che s’è costruito puntando sul sacrificio, sull’umiltà e il lavoro, la famiglia è linfa: la moglie Alessandra e le tre figlie, le gemelle Micol e Gaia e la piccola Swami, sono l’essenza e il rifugio. Sono quattro iniziali tatuate sulla pelle insieme con la sua. E insieme con la scritta, Malachia, misterioso messaggero biblico del Signore. Di fede ne ha tanta da sempre e tantissima ne ha avuta nei momenti bui dell’infortunio: in molti (e spesso) l’hanno avvistato raccolto in preghiera, nella chiesa immersa nel verde della pineta vicina al centro sportivo di Castelvoturno. Seduto accanto alle vecchie con il rosario delle canzoni di Pino Daniele. Scene viste sul serio.
HIP HOP E BLUES – Fede, famiglia e poi uomini: grande gratitudine nei confronti di Mazzarri, che in lui ha creduto; e grande nei confronti di De Laurentiis, che il giorno dopo l’infortunio ne comunicò il prolungamento di contratto a scatola chiusa. Bel gesto, davvero. Che il popolo ha applaudito: Grava è l’idolo del San Paolo, il simbolo della gente, l’eroe umile che in campo stilla sudore e sangue. Il 7 marzo compirà 35 anni, portati come un ragazzino che dell’anticipo e dell’esplosività continua a fare il suo credo, e forse è quasi inutile ricordare il regalo che sogna. Però ne vale la pena: giocare martedì dal primo minuto con il Chelsea nel suo San Paolo. Lui, che ama l’hip hop, farebbe di tutto per andare di Blues.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.