Squadra che vince si ritocca: appena un po’, per quel che suggerisce il campo, per ciò ch’è sussurrato dalle gerarchie. Fatta, quasi fatta: però sino a sabato pomeriggio, meglio lasciarsi (almeno) un dubbio, un minimo di perplessità, la possibilità di ragionarci su, di valutare lo schieramento dell’avversario e le condizioni di chi due settimane non c’era e adesso è lì, che scalpita, la voglia matta di ripresentarsi, per lanciarsi nel volatone finale che conduce dritto in Champions e che lascia persino una speranzella piccola ma visibile per altro.
UN UOMO SOLO – Rischia. E un uomo solo aspetta: perché altrove il Napoli sembra (quasi) definito nel dettaglio, con una serie di indicazioni che arrivano direttamente dall’Atalanta e che sono rimaste nel taccuino e nella memoria di Mazzarri. Si riparte e in lavagna, per il prepartita, i dieci-undicesimi appaiono sistemati in campo, ognuno al proprio posto, con la casella vuota sul centro-sinistra difensivo, in quella zona che con l’Atalanta è stata occupata da Gamberini e che, per vocazione, per caratteristiche è di dominio di Britos, destinato a rientrare ma sino a prova contraria.
IL PRECEDENTE – Tutta colpa dell’infortunio alla mandibola, un colpo da k.o. rimediato da Inler nel finale di primo tempo della sfida con la Juventus: sostituzione, operazione e circa un mese di convalescenza (attiva). Ora Britos sta bene, pure dal punto di vista psicologico ed è un candidato al ruolo. Qualcosa (anzi molto) dipenderà dal Torino, che attacca in maniera insolita, tiene due punte centrali e due esterni assai offensivi: dalla parte di Britos potrebbe andare ad «osare» Cerci e la analisi del prepartita sono quindi inevitabili e spingono un po’ per Gamberini.
ACCIACCATO – Le chanches restano equilibrate e tali resteranno sino alla rifinitura: altrove, sono certezze consegnate ad uno schema e ad uomini collaudati. Davanti a De Sanctis, Campagnaro per il centro-destra e Cannavaro in mezzo; sulla mediana, la linea a quattro di sempre: Maggio governa la fascia destra e Zuniga sembra vincere il derby colombiano con Armero a sinistra, mentre a cantare dovrebbe provvedere Dzemaili e a portar la croce, come al solito, lo stakanovista Behrami, maratoneta nell’anima, uno che non si tira mai indietro e che dà un senso agonistico a qualsiasi partita ma che è tornato acciaccato dall’impegno con la Nazionale. L’interrogativo viene ritenuto una formalità e i tre giorni che separano dal match di Torino sembrano sufficienti per lasciare il mediano a disposizione di Mazzarri.
I TENORI – La primavera si addice ad Hamsik, un inamovibile a prescindere (com’è giusto che sia), pure nel gelo invernale, in quel letargo nel quale è costretto suo malgrado a convivere: la trequarti è dello slovacco, che ritrova i suoi due tenori principali, Pandev e Cavani, assieme per la sedicesima volta (dall’inizio). Tocca a loro, con Insigne pronto per l’uso a partita in corso e Calaiò che sogna di poter riassaporare il campo proprio contro il Torino: dal debutto in A ad una Champions da conquistare, la parabola continua.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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