Sedici anni di Napoli. Una bandiera, un’istituzione. Quel “pal ‘e fierro”, soprannome ad hoc, diceva tutto: baluardo insormontabile di difesa ma anche punto fermo di uno spogliatoio che, all’epoca, faceva riferimento spesso e molto volentieri all’arcigno terzino originario di Sassano, nel Vallo di Diano. La “colonna” Bruscolotti era anche un faro per lo stesso Maradona, che ne aveva ereditato la fascia di capitano con la promessa (mantenuta) di portare il tricolore a Napoli. Attaccanti dai nomi altisonanti annullati (chiedere a Riva, Rivera, Platini o Graziani), il divieto di transito nella sua zona vigeva per tutti i 90 minuti. Si concesse anche di far gol all’Anderlecht di Rensenbrink in Europa, era la Coppa delle Coppe del 1977.
Bruscolotti, restando in tema, che Europa sarà per il Napoli?
«Un’Europa difficile al momento, ma non impossibile. Le due ultime sconfitte sono il frutto di un turnover portato agli estremi, probabilmente dettato da politiche societarie, ma non tutto è perduto. Con le giuste accortezze, nei prossimi due scontri casalinghi, gli azzurri possono rifarsi e passare il turno. Non penso che Psv e Dnipro, in trasferta, siano squadre irresistibili. Io la vedo così».
Adesso però incombe il campionato. Due confronti in tre giorni, stasera il Chievo, mercoledì l’Atalanta a Bergamo.
«Due partite toste. Nel campionato corrente i valori si sono livellati: anche le squadre di media classifica o giù di lì, possono rivelarsi particolarmente ostiche. Il Chievo lo è stato più di una volta, tanto da essere considerato bestia nera. Vedrò la partita al ristorante (a Posillipo il suo “10 Maggio 87” si trasforma durante le partite in uno stadio in miniatura); a Bergamo poi nessuno ha mai fatto passeggiate. Il Napoli dovrà far fronte a barricate piuttosto alte, visto che alle prossime avversarie potrebbero andar bene due risultati su tre. Resto però fiducioso, vedremo un altro Napoli: almeno col Chievo il mio pronostico è nettamente a favore degli azzurri».
Ci sono giocatori che appaiono ancora un po’ fuori dal coro, per così dire. Vedi Vargas e Fernandez.
«Il cileno non riesce ad inserirsi. Spesso è fuori dal gioco, evanescente. Ma i numeri li ha. Spero che possa riscattarsi a breve, è un patrimonio che il Napoli non può permettersi di dilapidare. Fernandez è un difensore che mi piace molto, entrambi avrebbero bisogno di continuità in campo per crescere e trovare le giuste coordinate».
Insigne?
«Grande talento. Ha bisogno di tempo e conquisterà di sicuro i gradi sul campo».
Bisognerà intervenire sul mercato?
«E’ presto per dirlo. Riparliamone verso Natale e vi dirò».
La corsa per lo scudetto?
«Siamo sempre lì: Juve favorita, Napoli in scia pronto a sfruttarne eventuali defaillances, possibilità d’inserimento anche per Lazio e Inter».
Per chiudere la nota dolente, quella dei gol subiti sulle palle inattive. Come mai non si riesce a trovare l’antidoto? Ai suoi tempi come si faceva?
«Lasciamo stare i tempi che furono… Allora avevamo un Garella eccezionale con i piedi, ma sui calci piazzati ce la vedevamo noi. C’erano grandi colpitori di testa come Renica, Ferrario, Ferrara. Non si possono fare paragoni. Per me il discorso è semplice, da un punto di vista teorico però. Bisogna curare l’uomo, ma anche la palla. Se si guarda solo l’uomo e non la palla, arriva il centrocampista di turno ed è fatta la frittata. Sposterei Cavani al centro dell’area come libero aggiunto. Il Matador è anche un gran difensore».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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