Lui c’era, c’è stato. Quelle due volte storiche contro la Lazio allo stadio San Paolo e anche dopo, nel Napoli dell’unico slam della sua storia lunga 85 anni. «Il turnover allora non esisteva, il calcio non conosceva questa parola. I giornali sportivi uguale: mai letto questo vocabolo, ai miei tempi». Peppe Bruscolotti non s’indigna, si limita a fare dell’ironia. Trova ridicoli lamenti e paturnie del calcio d’oggi, quando si discute su squadre impegnate su due fronti. «Se non sbaglio, le coppe ci sono sempre state. Il problema è di mentalità e di cultura. All’estero nessuno si lamenta, vanno in campo e giocano. In Inghilterra anche tre partite a settimana». Bruscolotti c’era, già molto prima di consegnare a Maradona la fascia di capitano del Napoli. «Diego, è tua, nessuno può portarla meglio di te». Senza che nessuno abbia detto, dai Peppe, fatti da parte, lasciala a Diego. Bruscolotti era là, in campo, ultima giornata del campionato ’72-’73. La Lazio guidata dal buonsenso di Tommaso Maestrelli viene a giocarsi lo scudetto al San Paolo. Il Napoli può farsi più in là, disinteressarsi del risultato, la sua classifica finale non cambierebbe. «Loro speravano in qualcosa, si aspettavano un favore».
Invece la vicenda assunse un aspetto tragico per la Lazio.
«Professionisti fino in fondo, facemmo in pieno il nostro dovere». Uno a zero, gol di Damiani. «All’89’.Una vittoria meritata».
Mentre la Juve passava a Roma nel finale. Gol di Cuccureddu.
«Juve prima, Milan secondo, terza la Lazio».
Furibondo Chinaglia, letteralmente fuori di testa. Il gesto dell’ombrello a tutto braccio, rivolto ai napoletani, uscendo dal campo. Accadde altro nel sottopassaggio?
«Il gestaccio costò a Chinaglia anche una querela del giornalista Ciro Buonanno. Loro erano avvelenati e posso anche capirli. Come mi sarei comportato io se avessi perso lo scudetto all’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato? Sarei andato fuori di testa».
Un dramma al San Paolo anche il 7 gennaio del ’79. Vinicio l’allenatore, di ritorno da una tormentata esperienza alla guida della Lazio. Ricorda? «Una farsa. Una messa in scena».
Sulla pista, all’altezza dei distinti, esplose un piccolo petardo, mentre le due squadre si accingevano ad entrare sul terreno di gioco. Come andarono le cose?
«Esplose un rauti. Un petardino, non un botto. Una cosa per bambini. Manfredonia e Pighin finsero di essere scossi dall’esplosione e si accasciarono. Si fecero portare in ospedale».
Al vecchio Pellegrini, il medico di turno, li giudicò non idonei in seguito all’esplosione del rauti. Il giovanissimo Tassotti, che era in tribuna come spettatore, venne chiamato dallo speaker dello stadio. Si precipitò nello spogliatoio e così debuttò in serie A. Accadde altro?
«Manfredonia e Pighin avrebbero potuto giocare tranquillamente. Uno a uno sul campo, sconfitta per 0- 2 a tavolino. Ma con la Lazio i rapporti non sono stati mai buoni. Non so perché, forse c’era dell’astio»
La prossima partita con la Lazio apre il ciclo di fuoco del Napoli. Nove partite in successione in poco più di venti giorni. Giusto preoccuparsi, Bruscolotti?
«La stanchezza non esiste. È un’invenzione del calcio moderno».
Campionato e Champions, è dura.
«Sei arrivato a quel livello molto alto? Devi essere preparato a tutto. Ma forse il problema è un altro».
Quale?
«Aver detto, la Champions è una priorità, scegliamo la Champions, per il campionatovedremo. Il risultato è questo: il Napoli ha perso contro tre squadrette, senza mai andare in difficoltà. Errori, distrazioni, superficialità, perché non è interessato al campionato».
Fonte: Il Domani dello Sport
La Redazione
M.V.
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