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Pecoraro, prefetto della Capitale: ”Lo sport unisca Napoli e Roma, addolorato per la scomparsa di Ciro”

"E’ importante che le tifoserie lo capiscano: deve vincere lo sport. Questo problema riguarda anche altre tifoserie: non colpevolizziamo romanisti e napoletani"

Prefetto Pecoraro, a sei mesi dalla tragica finale di Coppa Italia, con quale stato d’animo si avvicina a Napoli-Roma?
«C’è il ricordo ancora fortissimo di quella triste giornata, con l’evento sportivo e la vittoria del Napoli sulla Fiorentina assolutamente coperta dall’ombra tragica di quello che era successo prima della gara. E provo un sentimento di dolore e rabbia».
Il calendario riapre una ferita mai sanata.
«E’ normale avvicinandosi alla partita. Ci arriviamo con viva commozione nel ricordo del ragazzo e sperando che sia una bella giornata di sport».
Trasferta vietata alla tifoseria ospite, forse sarà così anche al ritorno: poco da sorprendersi, perché era una gara a rischio già prima della morte di Ciro.
«Speravo che ci fosse un cambiamento, ma un provvedimento così è ovvio. Dico solo questo: le colpe sono individuali, non possono essere l’errore di tutti. E’ importante che le tifoserie lo capiscano: deve vincere lo sport nella più alta accezione. E comunque questo problema nasce da lontano e riguarda anche altre tifoserie: non colpevolizziamo romanisti e napoletani. Me ne sono occupato quando ero al ministero, dispiace che ancora oggi si debba parlare di questo fenomeno. Dal decreto Pisanu, a cui ho lavorato anche io, ci aspettavamo un maggior effetto nel tempo».
La conflittualità tra le due tifoserie era stata già certificata dalle sanzioni per discriminazione territoriale all’Olimpico. La Figc, sul tema, ha scelto una strada diversa, non punire subito le società. Condivide?
«Ovviamente rispetto la politica della Federcalcio nel dare questa risposta. La discriminazione territoriale è una responsabilità individuale, di pochi tifosi, non può esserci la responsabilità oggettiva della società. Pagare per le colpe di pochi mi sembra eccessivo, in questo modo si punirebbe la maggioranza dei tifosi».
In questi mesi ha avuto contatti con la famiglia di Ciro Esposito?
«Mai. E anche pubblicamente non ho risposto alle polemiche. Prima di tutto viene il rispetto per il giovane tifoso scomparso. Sulle altre cose c’è la magistratura al lavoro».
Agli occhi dell’opinione pubblica, soprattutto agli occhi dei tifosi napoletani, però, la gestione dell’ordine pubblico la sera della finale di Coppa Italia è stata inefficiente.
«Ci sono le dichiarazioni del ministro Alfano e l’attività della magistratura a fare chiarezza. Le forze di polizia in campo hanno agito secondo le direttive che io avevo imposto nell’ambito del Comitato per l’ordine e sicurezza pubblica. La magistratura non ha individuato responsabilità delle forze dell’ordine, il cui operato anzi deve essere apprezzato come sempre».
Resta, però, quel senso generale di sfiducia nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine.
«I problemi risalgono ad alcuni episodi negativi, che hanno portato anche all’individuazione di alcuni colpevoli. Le eccezioni, però, non possono determinare un giudizio negativo sulle forze dell’ordine: i lavoratori che ogni giorno operano per la collettività vanno rispettati. Rischiano la vita tutti i giorni, non voglio essere retorico, e sono sempre impegnati per garantire giustizia e sicurezza ai cittadini. In venti, trenta anni, ci sono stati pochi episodi sui quali è intervenuta la magistratura. E se errori ci sono stati, secondo me non sono avvenuti per dolo. In sei anni a Roma, nelle riunioni ho sempre sentito parlare solo di flessibilità e dialogo da parte dei responsabili delle forze dell’ordine».
Cosa si aspetta dal pubblico del San Paolo?
«Uno stadio composto, che si prepara ad onorare la memoria di Ciro e quella di tutte le vittime dello sport. Celebrando l’idea di sport come incontro e non come scontro».
Quale gesto simbolico potrebbe rappresentare una svolta?
«Il ricordo delle vittime, un clima sportivo che porti a seguire la partita in maniera serena, il giusto atteggiamento dei tifosi napoletani nei confronti della squadra giallorossa, così come dovrà essere quello dei romanisti nei confronti del Napoli. Deve prevalere lo Sport, con la “s” maiuscola».
Il pensiero va già alla partita di ritorno: come si può intervenire?
«Mi auguro che le responsabilità, che sono individuali, non siano estese a tutto il popolo romanista, e viceversa. Il calcio è uno sport, deve esserci un sentimento di sana competizione e non di prevaricazione. Bisogna isolare le frange estremiste per fermare comportamenti che sono delinquenziali, non da tifosi».
I due club cosa possono fare?
«Avevo proposto un’amichevole anche a livello giovanile tra Napoli e Roma, con un momento di partecipazione delle due tifoserie. Un tentativo di far capire che si è tutti tifosi dello stesso sport, uniti nel calcio, e che il tifo delinquenziale non ha nulla a che vedere con questo gioco».
Napoli-Roma può tornare ad essere un manifesto del calcio italiano, e in positivo?
«Spero di sì. Perché ha tutto per essere una bella partita, guardando ad alcune prestazioni del Napoli e della Roma delle scorse settimane. Sarà diversa dall’anno scorso, credo che la lotta al vertice non sarò solo tra Juve e Roma, la forbice con le altre si è ridotta. Per il Napoli finora è stata un’annata un po’ così, dopo anni di bel calcio che ci ha fatto sognare. Ma a gennaio il campionato sarà diverso, le gare di coppa si faranno sentire. E in zona Champions potranno esserci delle sorprese, come Milan e Lazio».
Dove guarderà Napoli-Roma?
«Sarò a Roma per impegni istituzionali, la guarderò in tv. Da solo per godermela meglio».

Fonte: Corriere dello Sport

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